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Giro delle Fiandre 2015. L’analisi

Giro delle Fiandre 2015. L’analisi

Cari appassionati di ciclismo, con il Giro delle Fiandre appena andato in scena, possiamo affermare che il cambio generazionale è ufficialmente avvenuto! Con Fabian Cancellara e Tom Boonen al gancio per problemi fisici, ma oramai in là con gli anni, quest’Alexander Kristoff sembra il più degno erede dei due campioni. In rapida ascesa da un paio di stagioni, il ventisettenne norvegese della Katusha ha dallo scorso anno acquistato piena consapevolezza dei propri mezzi, che l’hanno portato a vincere la sua prima classica-monumento, la Milano-Sanremo e, nel giro di un anno, la Ronde Van Vlaanderen.

Reduce da un inizio di stagione folgorante – già nove vittorie all’attivo – il possente corridore della Katusha si è presentato al via della Ronde con i favori del pronostico e ha saputo non deludere le attese. Ha perfettamente colto l’attimo nel momento in cui Niki Terpstra ha deciso di allungare e poi, nel finale, non si è preoccupato di sobbarcarsi il lavoro, aggiudicandosi meritatamente la Classica dei Muri. La prossima domenica, alla Roubaix, tenterà di fare uno storico bis.

Si è arreso alla legge del più forte Niki Terpstra (Etixx-QuickStep), che ha ben poco da rimproverarsi per il piazzamento d’onore. L’olandese non ha paura di attaccare, fa selezione, ma al termine della lunga cavalcata di coppia, pur rimanendo a ruota del suo compagno di avventura, nulla può contro il suo sprint. Si presenterà al via della Roubaix per riconfermare lo storico successo dello scorso anno: la condizione c’è e l’impresa può riuscire, Kristoff permettendo.

“Vado per vincere”, aveva detto alla vigilia Greg Van Avermaet (Bmc). Pur sottolineando le poche possibilità contro un Kristoff superiore, l’impressione è che il corridore di casa abbia sciupato una bella occasione di provare quantomeno a giocarsela, limitandosi poi a doversi accontentare del terzo gradino del podio. Va detto, però, che da inizio stagione, il belga ha sempre palesato un rendimento costante. Promosso, dunque.

Non è da imputare solamente alla sfortuna la mancanza di risultati di Peter Sagan. La condizione atletica dello slovacco della Tinkoff-Saxo gli impedisce ancora una volta, in questo sciagurato avvio di stagione, di giocarsi le proprie carte. Il cuore e la grinta non mancano; la testa nemmeno, dal momento che, intelligentemente, decide di rimanere coperto per gran parte della gara, fino ad uscire fuori al momento decisivo e seguire Van Avermaet all’inseguimento dei due battistrada. Ma alla fine, privo di forze, rinuncia pure allo sprint per aggiuantare il podio. Solo la Roubaix potrà ancora salvare questa prima parte di stagione che finora pare davvero infausta.

Era l’italiano più atteso e in fin dei conti ha dimostrato di esserci. Filippo Pozzato, dopo una settimana sconvolta da problemi gastrointestinali, corre un buon Fiandre e, pur non dando mai l’impressione di potersi giocare qualcosa di grande, è sempre presente, chiudendo al traguardo col gruppettino dei primi inseguitori. Con uno sfortunato Matteo Trentin (Etixx-QuickStep) incappato in una caduta in un momento cruciale della corsa, e i tenaci Luca Paolini (Katusha) e Daniel Oss (Bmc) al servizio dei proprio capitani, è il vicentino l’unico a poter fare la sua corsa. E non sfigura.

Una nota amara, infine, per il cambioruote: i due incidenti avvenuti a Jesse Sergent – frattura della clavicola per il povero neozelandese della Trek – e Sebastien Chavanel dimostrano la superficialità con cui, a volte, si guida una vettura in gare così importanti e su strade così particolari come quelle fiamminghe. E mettere a repentaglio la vita dei corridori è certamente grave.

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