Sembrano esser passati decenni da quella serata in cui Robben e compagni si arrendevano alla Spagna in occasione della finale dei Campionati Mondiali in Sudafrica. È invece trascorso soltanto un lustro da allora, e di quell’Olanda pare non esser rimasta alcuna traccia: per la prima volta dal 1984, infatti, gli Orange non riescono a centrare la qualificazione alla fase finale di un Campionato Europeo, al termine di un girone che li vede finire alle spalle di cenerentole come l’Islanda.
Già, perché è proprio il piccolo Stato scandinavo, assieme a Repubblica Ceca e Turchia, a sbarrare la strada alla formazione neerlandese, protagonista di un biennio davvero deficitario, con tanti punti stupidamente persi contro nazionali di minor valore, come il Kazakistan.
Bella e perdente, si è spesso detto a proposito della nazionale dei Paesi Bassi, cultori di un grande calcio sin dai tempi di Johan Cruijff, ma poi evanescenti una volta vicini al raggiungimento del traguardo massimo, come accaduto per le finali mondiali 1974, 1978 e 2010. Non più bella, ma soltanto perdente, ora: le facce smarrite dei giocatori al termine dell’ultimo match contro i cechi, perso in casa per 3-2 con un autorete di uno dei leader, Robbie Van Persie, sono l’emblema di questo momento no dei tulipani.
“L’eliminazione è un fallimento collettivo dei giocatori e dello staff“. Non si tira indietro Wesley Sneijder nel commentare la situazione, dichiarando di sentirsi “completamente svuotato fisicamente e mentalmente” dopo una tale delusione.
Un momento di transizione, dunque, con i senatori – lo stesso ex centravanti dell’Inter o i già citati Robben e Van Persie – ormai vicini al termine della carriera, ed i nuovi Memphis Depay & Co. ancora alla ricerca della loro dimensione. Ora spazio a pianti e rimpianti, ma rimboccarsi le maniche è un preciso dovere.
Gli Orange hanno già dato prova in passato di sapersi rialzare presto dalle cadute, anche quelle più dolorose. Proprio dopo l’ultima mancata qualificazione alla fase finale, nel 1984, si diede vita ad un gruppo vincente che, quattro anni dopo, avrebbe trionfato ai Campionati Europei ’88. Erano gli anni di Marco Van Basten e Ruud Gullit, quelli che in patria ora rimpiangono perché rappresentanti di un calcio bello e vincente, a dispetto di quello attuale, brutto e perdente.