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Giro d’Italia 2016, bilanci squadre: Astana super, Southeast non pervenuta
Vincenzo Nibali e la Astana in trionfo al Giro d'Italia 2016. Foto: ANSA/CLAUDIO PERI

Giro d’Italia 2016, bilanci squadre: Astana super, Southeast non pervenuta

Sport atipico, il ciclismo: vince l’individuo, ma assai determinante risulta l’apporto della squadra, nel bene e nel male. Così è stato per il Giro d’Italia 2016, vinto da un Vincenzo Nibali magistralmente supportato da un team, la Astana, presentatasi come una vera corazzata che, ancora una volta, ha palesato la sua superiorità tattica ed atletica.

Non è certo la prima volta che la compagine kazaka mostra tutto il suo potenziale: ricordiamo soltanto la Vuelta a Espana 2015, quella che meglio si presta a parallelismi con la Corsa Rosa di quest’anno per via dell’inaspettato ma glorioso epilogo. Gruppo diverso da allora, ma medesimo risultato: Michele Scarponi – “Bisogna fargli una statua”, ha dichiarato lo Squalo sul traguardo di Sant’Anna di Vinadio – Jakub Fugsang o Tanel Kangert, per esempio, sono uomini fondamentali nelle giornate che permettono, con Beppe Martinelli in cabina di regia (sono nove i Grand Tour vinti da ds), a ribaltare la classifica generale a vantaggio del campione italiano. E il primo posto nella Winning Team è ampiamente meritato.

Se solida è la Movistar di Alejandro Valverde e di un eroico Giovanni Visconti (che malgrado i dolori fisici riesce a concludere nel modo migliore la corsa), non altrettanto si può dire di Orica-GreenEDGE e LottoNL-Jumbo, che penalizzano non poco i loro capitani Esteban Chaves e Steven Kruiswuijk nelle tappe di montagna (gli olandesi trovato comunque il guizzo con un sorprendente Primoz Roglic, secondo ad Apeldoorn e primo sulle colline del Chianti).

Etixx-Quick Step

C’è poi chi, pur non schierando un uomo da classifica, torna a casa con una promozione a pieni voti. È il caso delle due belghe Etixx-Quick Step e Lotto-Soudal, artefici di otto successi in due. I primi, vincitori della classifica SuperTeam, festeggiano la doppietta in volata di Marcel Kittel e gli acuti di Gianluca Brambilla e Matteo Trentin, oltre alle maglie rosa provvisorie indossate dai primi due e da un ottimo Bob Jungels, miglior giovane e sesto assoluto nella generale. I secondi, invece, accanto al talento in via di consacrazione Tim Wellens, registrano il tris di un Andre Greipel sicuramente dominatore delle volate, ma assai poco rispettoso del blasone del Giro dopo l’abbandono con tanto di maglia rossa sulle spalle (che provi a farlo al Tour, piuttosto!).

Due i successi della Lampre-Merida, unica WorldTour italiana, entrambi a firma di Diego Ulissi: il livornese, straripante negli arrivi da scattisti, dovrebbe piuttosto snobbare meno, se vorrà davvero compiere quel salto di qualità a livello internazionale, quelle Classiche delle Ardenne che ben gli si adatterebbero. Poca roba nelle volate (non possono soddisfare i piazzamenti di Sacha Modolo) e nelle salite, a causa del prematuro ritiro di Niemec.

Una vittoria ciascuno per Giant-Alpecin (Nikias Arndt a Torino) e Team Sky (Mikel Nieve a Corvara), capaci di reinventarsi dopo i ritiri dei rispettivi capitani Tom Dumoulin e Mikel Landa, con i britannici, per giunta, anche vincitori della maglia azzurra; per IAM Cycling, che dopo l’annuncio della chiusura a fine anno riesce a dare il meglio di sé, pur priva dell’uomo di riferimento delle volate, Matteo Pelucchi; Katusha (Rein Taramae primo a Sant’Anna di Vinadio), nonostante l’assenza di tutti i big della formazione, da Kristoff a Rodriguez.

Provano invano a lasciare il segno Cannondale (positivi, ad ogni modo, i piazzamenti parziali di Moreno Moser e Joe Dombrowski, meno l’anonimo Giro di Rigoberto Uran e della roccia Davide Formolo), Tinkoff (Rafal Majka sì tra i migliori, ma mai effettivamente incisivo), Bmc (Daniel Oss e Darwin Atapuma spesso in fuga); Dimension Data (Kanstantsin Siustou decimo nella generale); Trek-Segafredo, orfana prematuramente di Fabian Cancellara e di un Ryder Hesjedasl che c’è ma non si vede, ma vincitrice della maglia rossa con il sempre piazzato Giacomo Nizzolo.

C’è chi, invece, ha ben poco di cui rallegrarsi. È il caso, in particolare, delle due francesi: la Ag2R La Mondiale crede fortemente in Domenico Pozzovivo, ma la pessima condizione fisica del lucano impedisce all’intera squadra di raccogliere qualcosa di concreto; la FDJ schiera un Arnaud Démare che, dopo due secondi posti dietro Kittel e Greipel, pensa sia opportuno tornarsene a casa e pensare al Tour.

Giulio Ciccone (Bardiani-Csf). Foto: Bettini

Capitolo wild card. Sugli scudi Bardiani-Csf e Gazprom-RusVelo: una garanzia, il #greenteam, protagonista del successo con il giovanissimo talento Giulio Ciccone e sempre in evidenza in ciascuna frazione, malgrado alcune note dolenti come un Manuel Bongiorno che ancora non riesce ad esprimere le sue potenzialità e un Sonny Colbrelli sempre alla ricerca della sua prima vittoria al Giro; una piacevole sorpresa, la squadra russa, che onora l’invito concesso da RCS rendendosi protagonista nella cronoscalata vinta da Alexander Foliforov e vicina al grande colpo in almeno un altro paio di occasioni.

Ce la mette tutta, la Nippo-Vini Fantini, per lasciare il segno: punta tutto su Damiano Cunego, ma l’ex enfant prodige, ad un passo dalla maglia azzurra, si arrende alla maggiore freschezza di Mikel Nieve, lasciando la squadra a mani vuote. Decisamente male il Giro della Wilier-Southeast: il velocista Jakub Mareczko si ritira anzitempo, seguito poco dopo da Manuel Belletti; Filippo Pozzato rischia di vincere a Cassano d’Adda, trovandosi per caso in testa a poche centinaia di metri all’arrivo, salvo poi essere risucchiato da Roger Kluge; i giovani scalatori latini sono ancora troppo acerbi per le grandi corse a tappe e contribuiscono a relegare all’ultimo posto il suo team nella classifica a squadre.

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