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Euro 2016, Italia, il bilancio: fra rinascite e fiaschi, si torna a casa col dolceamaro
Foto Reuters

Euro 2016, Italia, il bilancio: fra rinascite e fiaschi, si torna a casa col dolceamaro

Italia, un passo indietro è d’obbligo: dopo la chiusura amarissima di Euro 2016, la Nazionale è tornata a casa e si prepara a voltare pagina. Finisce l’era Conte, si apre quella di Ventura. L’Europeo però è valso come momento di rinascita (o di conferma) per alcuni, di fiasco per altri.

Le conferme arrivano, innanzitutto, dal capitano Gigi Buffon: 38 anni e un intervista in pianto alla fine di Germania-Italia che non è una resa, ma l’esplosione dei sentimenti e dei valori veri di un azzurro capitano di una Nazionale che si è spinta ben al di là di ogni aspettativa lottando, sudando ed ergendo il sacrificio a sua suprema bandiera. SuperGigi ci ha tenuto in vita ancora una volta nei momenti più opportuni, vedi i riflessi su Piqué o su Gomez/Chiellini l’altra sera: sarà ancora all’opera fino a Russia 2018?

Conferme anche dal BBC di difesa: il blocco-Juve diventato il trio di difesa più bastardo d’Europa ha retto l’onda d’urto contro le corazzate spagnola prima e tedesca poi mostrando una solidità granitica e una fiducia inossidabile nelle proprie capacità di concentrazione. La speranza è che “quei 3” possano fare da chioccia agli altri giovani difensori in odor di Nazionale.

Il simbolo forse più grande della Nazionale targata Conte è probabilmente Emanuele Giaccherini: il Giack tutto corsa e sudore sputati sul campo, in ogni zona del campo, in interdizione come in attacco. Lui aveva aperto Euro 2016 con quella prodezza al Belgio, è stato spesso l’uomo in più al posto giusto.

Se per Ale Florenzi si può parlare di conferma (il suo sacrificio e il suo attaccamento alla causa non si discutono) di rinascita invece si deve parlare per Marco Parolo (intelligente, duttile, versatile: una risorsa con due polmoni e tanto fosforo), Mattia De Sciglio (rimesso a nuovo dalla cura del c.t. e pienamente riconsegnato al valore di promessa di un tempo) ed Eder (partito tra i mugugni di tutti, tornato con le gambe piene di acido lattico dopo aver lavorato enormemente per la squadra).

Peccato poi per i due grandi infortunati contro la Germania: De Rossi e Candreva. Il loro Euro 2016 resta però molto positivo finché hanno giocato. Così come quello di Pellè: due gol, il capocannoniere azzurro, fino a quella sciagurata provocazione a Neuer prima del rigore (una mossa sbruffona che era meglio evitare…).

Si sono visti poco all’opera i vari Sturaro, Insigne e Ogbonna (comunque positivi nel loro impiego); rimandati invece Darmian (inceppato) e Immobile (inconcludente); di Zaza si è detto tutto e il contrario di tutto, su quella rincorsa sulle punte inspiegabile nei rigori contro la Germania: la sensazione è che lo Zaza vero non sia ovviamente quello pauroso di quel penalty.

Inclassificabili Sirigu, Bernardeschi ed El Shaarawy (poco minutaggio con qualche sbavatura) e soprattutto Thiago Motta: troppo lento per il calcio moderno, figuriamoci per quello dell’ Italia di Conte, quello dell’oriundo italo-brasiliano resta probabilmente l’aborto più brutto della Nazionale firmata dal c.t. leccese. E a inizio spedizione aveva preso anche il numero 10: una bestemmia, spiace dirlo…

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