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Euro 2016, un miracolo chiamato Portogallo: il pallone ha cancellato la saudade
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Euro 2016, un miracolo chiamato Portogallo: il pallone ha cancellato la saudade

E fu così che anche il piccolo Portogallo entrò di diritto nella storia del calcio internazionale. Il finale storico l’ha scritto ieri la nazionale di Fernando Santos, battendo la favorita Francia e realizzando a Euro 2016 un capolavoro storico su cui nessuno avrebbe scommesso un cent.

Arrivata in Francia senza grosse pretese e senza un vero palmares (una sola finale disputata in un grande torneo, quella di Euro 2004 persa davanti al proprio pubblico), la nazionale lusitana non aveva affatto entusiasmato nel girone eliminatorio.

Tre partite, tre pareggi in 90’: deludente l’1-1 con l’Islanda (rivelatasi poi una delle più gradite sorprese di tutto il torneo); terribile lo 0-0 con l’Austria (col rigore tirato sul palo da CR7, evanescente nei primi 180’ di Euro 2016, tanto che parecchi già urlavano al grande bluff); infine lo scoppiettante e memorabile 3-3 contro l’Ungheria, col Portogallo tre volte sotto e tre volte capace di risorgere proprio grazie alla prima prova monstre di Ronaldo (assist e doppietta).

Il Portogallo s’è qualificato per il rotto della cuffia: con le vecchie regole non ce l’avrebbe fatta; col ripescaggio delle migliori terze Ronaldo & company sono avanzati fra lo scetticismo generale degli addetti ai lavori, restii a considerare come favorita una nazionale che esprimeva pochissimo gioco e che sembrava priva di qualsiasi impostazione di gioco, al di là degli sprazzi di CR7 e di qualche innesto come i giovanissimi Renato Sanches e Raphael Guerreiro, oltre alla duttilità di Joao Mario e all’usato sicuro garantito da due vecchie volpi come Quaresma e Nani.

E invece, man mano che il tabellone sfornava responsi, il Portogallo è cresciuto in convinzione pur senza strafare: vittoria al 120’ contro la favorita Croazia, vittoria ai rigori contro la Polonia di Lewandowski, vittoria (la prima nei regolamentari) in semifinale contro il Galles di Bale.

Ieri a Saint-Denis la nazionale lusitana era arrivata, record assoluto di ogni competizione, senza aver mai vinto nei 90’; la tradizione di questo pazzo Euro 2016 è stata rispettata, visto che il gol decisivo l’ha segnato, al 109’, un certo Éderzito António Macedo Lopes, per tutti Eder, uno che in un’annata disgraziata fatta di pochissimi gol fra Swansea e Lille, finale compresa ha giocato in tutto l’Europeo appena 54’.

Un miracolo nel miracolo, di quelli che solo il pallone sa regalare anche se non soprattutto in occasioni come questa: l’artefice di tutto è stato quel Fernando Santos che era arrivato come ct del Portogallo dopo la prima sconfitta nelle qualificazioni a Euro 2016 contro l’Albania al posto di Paulo Bento.

Con lui i Lusitani hanno ottenuto una striscia di 15 partite consecutive senza sconfitte. Senza vincere praticamente mai in questo Europeo, a parte la semifinale, il mago Santos ha portato il Portogallo sulla vetta d’Europa, inserendo proprio nel momento più emozionante della finale con la Francia l’uomo che nessuno avrebbe voluto e che lui, solo lui, ha desiderato fortemente.

Eder l’ha ripagato, in una partita tatticamente perfetta e impareggiabile, direttamente come un burattinaio dal 62enne allenatore di Lisbona: uno con tanto passato sulle panchine greche. Forse, memore della lezione ellenica del 2004, Fernando Santos ha imparato tanto, portando il Portogallo a un trionfo insperato. Un capolavoro arrivato a spazzar via per un po’ la proverbiale saudade atlantica del paese più a ovest d’Europa.

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