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Cassano, quando il calcio diventa teatro: soap-opera di un talento finito
Antonio Cassano. lastampa.it

Cassano, quando il calcio diventa teatro: soap-opera di un talento finito

Cassano 1 smentisce Cassano 2, finché Cassano 3 non sentenzia: il balletto delle ultime ore ha svelato l’ultimo capitolo di una carriera oltre l’ordinario.

Da quando il ragazzino di Bari Vecchia è diventato Fantantonio, di acqua sotto i ponti ne ha passata tanta: 17 anni di calcio giocato, partendo dalla Puglia e calcando gli stadi più importanti del mondo. Dalla Roma al Real Madrid, dalla Sampdoria al duetto milanese con rossoneri e Inter fino al Parma e al ritorno a Genova.

Negli ultimi anni Fantantonio ha abituato tutti a far parlare di sé: la moneta ha una doppia faccia dentro il campo, dove con i suoi colpi fenomenali (fra gol e assist, prelibatezze che restano ancora negli occhi) ha fatto parlare tanto di sé; ma sul rettangolo verde Cassano è stato anche un personaggio irregolare, un genio esagerato che è spesso andato oltre, spaccando bandierine, esultando in modo goliardico, facendo scene memorabili davanti ad avversari e arbitri. Da quando c’è lui, per definire tutto questo, non c’è che una parola: cassanata.

Per quanto la Crusca non abbia omologato il vocabolo che lo riguarda, Cassano c’ha messo tante volte la faccia, pungendo con le sue dichiarazioni anche compagni o ex compagni di spogliatoio, suoi allenatori o ex allenatori e gli stessi dirigenti.

L’interruzione del matrimonio con la Sampdoria, per la nota querelle con l’avvocato doriano Antonio Romei, gli è costata un anno di inattività, ma anche da fermo Cassano ha continuato a fare teatro, parlando senza peli sulla lingua e in modo fin troppo schietto.

Lo scorso maggio, nella trasmissione Tiki taka, ne ha avute per tutti: per Totti «sono certo che qualcuno vicino a Pallotta, che muove i fili, lo abbia costretto a smettere”; per l’Inter,«è parecchio sopravvalutata, non ha giocatori da Inter. Spende tantissimo e poi Schick lo prendono a 4 milioni alla Samp, qualcosa non quadra»; per il Milan definito «squadra di scappati di casa»; per Balotelli, «un buon giocatore ma per essere un campione ce ne vuole. Lui si è offeso perché ho detto questa cosa ma è un problema suo, io sono suo amico ma non lo prendo per il c*** dicendo cose che non penso».

Su se stesso Cassano ha detto: «Non ho nessun rimpianto per la mia carriera. Ho avuto tante chance perché ero forte, se fossi stato una pippa non avrei avuto tutte queste chance».

Che abbia avuto talento nessuno lo mette in dubbio, visto che Cassano è stato uno dei più forti e promettenti giocatori italiani del nuovo millennio. Eppure, che quel talento l’abbia dissipato costruendosi un alter ego un po’ fanfaronesco e vanaglorioso sembra altrettanto vero. Per quello viene un po’ di dispiacere a pensare che uno come Fantantonio abbia smesso così col calcio: dicendo k, smentendo con x, rimangiandosi tutto con y fino ad arrivare al punto z della sua carriera. Un balletto che a tanti è sembrato la scena di teatro di un vecchio attore un po’ avanti con gli anni ansioso di attirare l’attenzione in qualche modo e pronto a dire e contraddire, fare e strafare per riguadagnare un’aura di importanza. Cassano così, a 35 anni, 515 presenze fra i club e 39 in Nazionale, 91 gol e 57 assist nei club e 10 reti azzurre, se ne va: chissà se sarà vero.

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