Si pensava che Pechino 2015 potesse essere l’anno zero, peggio del quale non era possibile andare. Invece l’atletica leggera italiana continua a vivere un momento buio e ai Campionati Mondiali di Londra 2017 torna a casa con una medaglia di bronzo colta in extremis, che non cancella le enormi difficoltà in cui versa l’intero movimento azzurro.
Ci si voleva aggrappare a Gianmarco Tamberi alla vigilia, ma il ragazzo marchigiano, uscito a fatica dal grave infortunio che l’anno scorso l’ha costretto a saltare le Olimpiadi di Rio 2016, non è riuscito nell’impresa di oscurare le gravissime lacune di una nazione che punta su un uomo copertina per nascondere le proprie debolezze.
Ci ha pensato Antonella Palmisano, allora, a salvare l’Italia da un naufragio spaventoso: avrebbe meritato anche l’oro, la marciatrice della 20 km, ma è stata costretta ad accontentarsi (con tanto di record personale) del bronzo, evidenziando comunque le sue qualità che le permettono a tutti gli effetti di essere tra le migliori del pianeta nel tacco e punta.
E poi? Poi davvero poco, dal momento che raccogliamo soltanto nove punti Iaaf validi per il computo a squadre: sei della stessa Palmisano e tre da Daniele Meucci, ottimo sesto alla maratona. Poi il nulla, o quasi: ci congratuliamo con Marco Lingua per l’ingresso tra i dodici finalisti nel lancio del martello, con Davide Re per aver stabilito il personale nei 400 metri, con Filippo Tortu e Ayomide Folorunso per aver dato tutto e per aver dimostrato che in un futuro – si spera – potranno dire la loro. Ma è troppo poco.
Troppo poco per non rendersi conto del fatto che in tante gare non c’erano neppure nostri connazionali al via, del fatto che nel medagliere finale l’Europa è tornata a correre anche in gare negli ultimi anni fuori portata, mentre noi restiamo a guardare. Guardiamo gli altri vincere, impotenti e incapaci di rimboccarsi le maniche e ripartire da zero investendo sullo sport (si badi bene: sport, non calcio).
“Almeno abbiamo evitato lo zero tituli“, è il commento del Direttore Tecnico Elio Locatelli, che non esita ad ammettere come la manifestazione “non sia andata bene”. Questa l’analisi del Presidente Fidal Alfio Giomi: “Sono necessari controlli più serrati su tecnici e atleti d’alto livello […] dobbiamo fidarci meno ed entrare di più nel merito della preparazione […] C’è chi si è accontentato di essere qui, e questo non è accettabile. Al contrario, un plauso particolare va agli atleti di endurance e ai marciatori“.
Si citano poi i tanti assenti in questa rassegna – dallo storico capitano Fabrizio Donato (ma per quanto tempo ancora possiamo puntare sull’eterno triplista laziale?) ai giovani lunghisti Marcell Jakobs e Filippo Randazzo – sperando che un domani le giovani leve sappiano farsi valere: “Il numero dei tesserati è cresciuto in modo importante, da 180mila a oltre 250mila, e a livello giovanile siamo una nazione fra le più forti d’Europa. È nostra grande responsabilità non disperdere questo patrimonio“.
Intanto la realtà è triste e cruda: l’Italia è pressoché inesistente nella regina degli sport, l’atletica leggera.
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