È il momento del tanto atteso primo arrivo in salita al Giro d’Italia 2018. La sesta tappa della Corsa Rosa, l’ultima in territorio siculo, è la Caltanissetta – Etna (Osservatorio Astrofisico), 164 km che culminano col traguardo posto sul vulcano più grande d’Europa, tra i più attivi al mondo. Dopo cinque giornate lasciate alle spalle, è già il momento di fare sul serio.
La prima vera salita di un Grande Giro fa solitamente male e ciò equivale in particolar modo per un arrivo inedito. In tre occasioni fu il Rifugio Sapienza a porre fine alla tappa – 1967 Bitossi, 2011 Rujano e 2017 Polanc), in una circostanza il Passo Bottaro (1989, Da Silva). Questa volta si affronta un versante dell’Etna mai scalato nei 101 anni di storia della kermesse: sono 15 km che cominciano dall’abitato di Ragalna, con punte che nella prima metà arrivano fino al 16% e che nella totalità lo rendono un Gran Premio della Montagna decisamente più impegnativo rispetto a quello affrontato lo scorso anno. Ultimi mille metri in leggera discesa, con un’ultima curva posta ai meno centocinquanta metri.
Ma prima dell’ascesa finale, cosa prevede la frazione? Si parte da Caltanissetta, toccata dal Giro d’Italia soltanto nel 1976 (successo di De Vlaeminck). Nonostante non sia presente nessun altro GPM classificato come tale, sono diversi i continui strappi che i corridori devono affrontare nella prima parte di gara, prima di un tratto in falsopiano che conduce fino ai piedi dell’Etna. Da segnalare anche i due traguardi volanti di Enna e Piazza Armerina posti rispettivamente dopo 28 e 60 km.
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