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Tour 2019, il (positivo) bilancio degli italiani

Tour 2019, il (positivo) bilancio degli italiani

Che Tour de France 2019 è stato per i colori italiani? Molti non condivideranno tale affermazione, ma la 106^ Grande Boucle appena conclusa con il trionfo di Egan Bernal è stata ricca di segnali positivi per i colori azzurri. Proviamo a spiegarne i motivi.

Tre le vittorie di tappa nell’arco delle tre settimane di gara, unite a ben 9 podi e 32 top ten (solo il Belgio fa meglio con nove podi e 35 top ten). Un bottino mai così ricco dal 2014, l’anno del grande trionfo di Vincenzo Nibali (che porta a casa quattro frazioni e la classifica generale, a cui va aggiunto un quinto acuto siglato da Matteo Trentin). Lo scorso anno, invece, a casa a mani vuote.

Questa volta le firme sono arrivate da Elia Viviani e dai già citati Trentin e Nibali. Una sola volata vinta, per il velocista veronese, ma con un parterre di così alto livello, i piazzamenti sono stati tanti e di qualità. Il campione europeo, dal canto suo, ha trovato il sigillo coronando una lunga fuga a Gap e ha dimostrato di saper ancora una volta lasciare il segno negli appuntamenti che davvero contano.

Che dire, poi, dello Squalo. Aspramente criticato per un’uscita di classifica certamente prematura, il campione azzurro ha sfoderato una prova d’orgoglio e, all’ultima occasione utile, è andato a tagliare a braccia alzate il traguardo di Val Thorens, sedici mesi dopo l’ultimo trionfo alla Milano-Sanremo.

Aveva detto di voler puntare ad una vittoria di tappa anziché alla classifica generale. Nibali non va a mille da febbraio ad ottobre, ma è uno dei rari corridori in circolazione capace di potersi aggiudicare qualunque gara in calendario. E ricordiamolo: Enzo è l’unico atleta del nuovo millennio in grado di primeggiare in tutte le grandi corse a tappe nonché nelle Classiche-Monumento.

Probabilmente gli verrà difficile conquistare, a 35 anni, ancora maglie rosa o gialle nei prossimi Grand Tour (felici di essere smentiti) data l’affollata concorrenza di baldi giovani, per cui ogni nuova perla non fa che avvalorare ulteriormente un già ricchissimo palmares.

E poi ci sono i due giorni in maglia gialla di Giulio Ciccone. È vero, l’abruzzese della Trek-Segafredo è uno dei prospetti più interessanti del ciclismo nostrano per quanto concerne i Grandi Giri, ma voliamo basso, dal momento che c’è chi a 22 anni è già in maglia gialla a Parigi e guida la schiera di altri ragazzi formidabili. Ad ogni modo Giulio è corridore tosto, che può darci tante soddisfazioni e, se non fosse incappato nell’ennesima caduta, magari avrebbe a sua volta trovato un acuto in terra di Francia.

Buoni i piazzamenti di Sonny Colbrelli negli arrivi di gruppo (resta per il bresciano la delusione di una vittoria che continua a sfuggirgli) in cui pure hanno colto qualche interessante top ten Andrea Pasqualon (Wanty – Gobert), Nicolò Bonifazio (Total Direct Energie) e, prima del ritiro, Giacomo Nizzolo (Dimension Data); sempre valide le prestazioni di uno sfortunato Alessandro De Marchi (CCC) costretto ad abbandonare a sua volta il campo causa caduta.

Ancora, Daniel Oss (Bora-Hansgrohe) non ha mai fatto mancare l’appoggio a Peter Sagan, mentre Damiano Caruso (Bahrain Merida) si conferma atleta solido tanto in appoggio ai capitani quanto in azione in prima persona.

Se Fabio Felline (Trek-Segafredo) ha principalmente svolto il suo ruolo in appoggio a Richie Porte, chi è mancato principalmente è stato Gianni Moscon (Team Ineos), lontano parente di quello ammirato lo scorso anno al servizio dei suoi capitani, ed Alberto Bettiol (EF), che nonostante diverse occasioni a lui adatte non è riuscito a lasciare il segno.

Infine Fabio Aru. Nulla si può imputare al buon scalatore sardo, che non avrebbe dovuto neppure prendere parte alla Grande Boucle e invece è il primo dei nostri nella generale, con una pur non esaltante quattordicesima piazza (è il più grande problema per il movimento tricolore, trovare eredi dello Squalo e del Cavaliere dei Quattro Mori). Ha cominciato il suo percorso di crescita dopo l’infortunio subito e speriamo possa essere lì a lottare per posizioni di vertice già alla prossima Vuelta.

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Un commento

  1. Bianco Giuseppe

    Valverde e’ in succhiaruote, non e’ mai arrivato da solo scattando a 10-15-20 km.dall’arrivo.se rubava la vittoria a nibali non era giusto, e mi limito a questo, per non parlare di altri problemo.ma e’possibile che le vittorie piu belle le Abbie ottenute dai 31 anni ai 39 anni?

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