Ci sono voluti mesi, o forse anni, perché si tratta di una tensione nata ai tempi del Real Madrid di Josè Mourinho, ma alla fine Iker Casillas ha parlato. Nel corso di un’attesissima intervista rilasciata al giornalista (non sportivo) Inaki Gabilondo, per conto dell’iberico Canal +, il portiere ha cercato finalmente di fugare ogni dubbio sul suo conto e sul suo rapporto, incrinatosi inaspettatamente nel 2012, con la società madrilena.
Tutto iniziò con le voci che lo volevano “topo”, ovvero “talpa” dei giornalisti “nemici” del mondo del Real Madrid, per passare alla sua improvvisa, quanto inattesa, esclusione dall’undici titolare delle camisete, del quale era parte integrante dal 1999, quando vi era entrato a suon di grandi prestazioni, a soli 18 anni.
Parole chiare le sue, ma quanto mai significative. L’estremo difensore dice di essersi sentito solo in quelle circostanze delicatissime, attaccando indirettamente lo stesso Florentino Perez, reo di non averlo difeso adeguatamente all’epoca. “Pensai di lasciare il Real”, ha puoi tuonato il capitano della Spagna, prima di specificare che ad opporsi a questa decisione fu il suo stesso ricordo degli anni passati nella Capitale, fatti di sacrifici e di sogni realizzati.
Casillas difende poi altri due punti chiave della questione: il rapporto con Mourinho, con il quale ci furono incomprensioni ma che resta per lui uno dei migliori allenatori mai avuti, ed in secondo luogo la sua celebre telefonata ai compagni di nazionale Xavi ed Iniesta, dopo il celebre Clasico in cui l’allenatore portoghese mise due dita negli occhi del secondo allenatore blaugrana.
I tifosi del Real Madrid accusarono Iker di tradimento per quella chiamata, ma il portiere precisa di averla sì fatta, ma con lo scopo preciso di calmare gli animi in un contesto che, a suo dire, non avrebbe fatto altro che portare sulla cattiva strada, sportivamente parlando, i giovani che avevano guardato quell’incontro cercando di trarre ispirazione per la loro carriera.
Parole forti, dette da un uomo silenzioso, che pesano, quindi, ancora di più, in una piazza come quella di Madrid che ancora gode dell’idillio creato dalla vittoria di maggio in Champions League e dai recenti rotondi successi in campionato.