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19 giugno 1938: l’Italia di Vittorio Pozzo è campione del mondo bis!

Di cicli vincenti, la nazionale italiana di calcio ne ha fortunatamente conosciuti diversi, ma difficilmente ripetibile appare quello condotto di Vittorio Pozzo, capace di aggiudicarsi, consecutivamente, Campionato Mondiale ’34, Giochi Olimpici ’38 e ancora Campionato Mondiale ’38.

coppa-rimet-1938Un’edizione molto controversa, quest’ultima, che giunge alla vigilia dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale. E già la scelta del Paese ospitante, la Francia, avvenuta all’indomani delle Olimpiadi di Berlino disputatesi due anni prima, provoca le ire di Argentina ed Uruguay, che si ritirano dal torneo stizzite. Dieci le città ospitanti i match – Antibes, Bordeaux, Le Havre, Lilla, Marsiglia, Parigi, Colombes, Reims, Strasburgo, Tolosa – e 16 le squadre partecipanti: 13 europee (Francia, Italia, Cecoslovacchia, Norvegia, Belgio, Germania, Paesi Bassi, Polonia, Romania, Svezia, Svizzera, Ungheria e Austria, poi ritiratasi a causa dell’annessione alla Germania), due sudamericane (Brasile e Cuba) e una asiatica (Indie Orientali).

L’Italia, in consueta tenuta nera, si presenta ai nastri di partenza da favorita in quanto campionessa uscente e detentrice dell’oro olimpico. Avversarie da battere sono la Francia padrona di casa, ma soprattutto Ungheria, Cecoslovacchia e Brasile, che dopo due edizioni andate a vuoto vuol conquistare la sua prima Coppa Rimet.

Il debutto non è dei più semplici: in una Marsiglia che sommerge di fischi i nostri giocatori – perché entrati in campo col saluto romano e colpevoli di vincere per un regime antidemocratico- si riesce ad avere la meglio sulla Norvegia per 2-1 soltanto al termine dei tempi supplementari. Partita combattuta, sofferta, ma grazie alle reti di Pietro Ferraris e Silvio Piola i quarti di finale sono raggiunti.

E sono proprio i padroni di casa della Francia l’ostacolo tra l’Italia e la semifinale. Una papera del portiere francese Laurent Di Lorto su un tiro di Gino Colaussi spiana la strada agli azzurri, che arrotondano il punteggio sul 3-1 con una doppietta di Silvio Piola e siglano l’ingresso tra le prime quattro al mondo.

In semifinale ci attende il Brasile che, forte del suo goleador Leonidas, con smaccata presunzione prenota in anticipo i biglietti per Parigi, dove è in programma la finale. E questo gesto di arroganza è pagato molto caro dalla Selecao: Colaussi al 51′ e un rigore realizzato da Piola al 60′ ci portano sul 2-0. Inutile la rete di Romeu al 87′ per il 2-1 conclusivo: l’Italia è ancora in finale.

Ma non è tempo di festeggiare perché l’obiettivo dei nostri atleti sin dall’esordio è soltanto uno: vincere, come appare ovvio sotto l’egida fascista. È con questo spirito che gli undici scelti da Pozzo – Aldo Olivieri; Alfredo Foni, Pietro Rava, Pietro Serantoni, Ugo Locatelli; Michele Andreolo, Giuseppe Meazza (c), Giovanni Ferrari; Amedeo Biavat, Silvio Piola, Gino Colaussi – entrano in campo nella partita decisiva contro l’Ungheria, in programma il 19 giugno alle 17.00 davanti ai 60 mila spettatori dello Stade Olympique de Colombes, nei pressi di Parigi.

Gli avversari sono forti, ma la superiorità degli italiani è netta. All’ennesimo gol di Gino Colaussi al 6′ rispondono subito i magiari con Titkos, ma l’Italia non demorde e sigla due reti ancora con Colaussi e con Silvio Piola. Provano a riaccorciare le distanze gli avversari con Sarosi, ma l’ennesima doppietta di Piola al 82′ manda tutti in estasi: l’Italia è campione del mondo per la seconda volta consecutiva. È la prima nazionale a riuscire nell’impresa, la prima a dare una prova di forza tale che, probabilmente, senza quella sporca guerra di mezzo, avrebbe potuto incrementare ancora di più il suo invidiabile palmares.

 

Una nazionale che può contare su personalità di eccellente livello, da Silvio Piola, il più prolifico centravanti del nostro calcio, al campione gentiluomo Giuseppe Meazza, passando per Vittorio Pozzo che con maestria e competenza riesce ad issare i suoi ragazzi ai vertici massimi del calcio internazionale. Una nazionale che unisce al tempo stesso un gioco brillante, mai noioso ed estremamente efficace alla rigorosa disciplina fascista, che induce i giocatori a duri sacrifici quotidiani, i cui frutti sono evidenti negli straordinari risultati raggiunti.

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