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Usa ’94, maledetti rigori! Brasile tetracampeón

Roberto Baggio contro Taffarel. Alto. Il campionato del Mondo è finito, lo vince il Brasile“. Riavvolgere i nastri della memoria e riportarli indietro a quel 17 luglio del 1994, quando il telecronista Bruno Pizzul pronunciò con voce dimessa quell’amara espressione, non è affatto facile per un tifoso azzurro. Quelle immagini – dal pallone che il ‘Divin Codino’ spedisce inspiegabilmente tra le tribune alle lacrime di capitan Franco Baresi tra le braccia di Arrigo Sacchi – fanno venire il groppo in gola e la voglia di cancellare per sempre quei momenti che sempre abbiamo desiderato finissero diversamente.

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Eppure è così che va lo sport: è in grado di regalarti gioie, esaltazione ed estasi, ma sa anche farti soffrire, renderti partecipe di quel sentimento di dispiacere, di amarezza, che non vorresti ricordarlo mai più.

Ma si vince e si perde, nello sport come nella vita, perciò ripercorriamo quella giornata vissuta al Rose Bawl Stadium di Pasadena – Los Angeles – dove, davanti a 94 mila spettatori e sotto un’afa opprimente, va in scena la finale del 15° Campionato del Mondo di calcio. Di fronte Italia e Brasile, uniche nazionali a poter orgogliosamente dire di aver contribuito in modo perenne alla storia di questo sport: in palio per la vincitrice, il quarto titolo della storia.

Le plurimedagliate nazionali arrivano all’appuntamento clou della manifestazione in condizioni analoghe, dopo aver vinto, ma non sempre convinto. Da una parte l’Italia di chiara impronta sacchiana e milanista, con un impenetrabile muro difensivo ma al tempo stesso un gioco non sempre spettacolare, come avrebbe gradito il Profeta di Fusignano. Dall’altra il Brasile di Romario e Bebeto, di Dunga e della compattezza a centrocampo, autore di un calcio molto concreto e poco bailado come mai in passato. Si tratta della rivincita della finale di 24 anni prima a Città del Messico, quando fummo costretti ad arrenderci alle meraviglie di Pelé & Co.

Ma non è nelle migliori condizioni che la nostra nazionale arriva al match conclusivo: l’eroico capitano Franco Baresi è al rientro appena 24 giorni dopo l’intervento al menisco, il trascinatore Roberto Baggio in dubbio fino all’ultimo per uno stiramento rimediato contro i bulgari e, nel corso dell’incontro, va Ko anche Roberto Mussi.

L’undici dell’Italia: Pagliuca, Mussi (34’ Apolloni), Benarrivo, Albertini, P. Maldini, F. Baresi, Donadoni, D. Baggio (95’ Evani), Massaro, R. Baggio, Berti. Il Brasile: Taffarel, Jorginho (20’ Cafu), Branco, Mauro Silva, Aldair, Marcio Santos, Mazinho, Dunga, Romario, Zinho (106’ Viola), Bebeto. Arbitro: Puhl (Ungheria).

L’incontro sin da subito si rivela estremamente tattico: entrambe le squadre sono ben coperte in campo e non lasciano spazi all’avversario. La partita è poco spettacolare ed avara di emozioni. La prima occasione è sul piede di Massaro, che all’11° minuto impegna Taffarel. Rispondono i verdeoro con Branco che trova preparato Pagliuca su un calcio di punizione. Poco dopo, ancora gli azzurri si rendono pericolosi con Baggio che tira alto.

Poche, comunque le emozioni che regalano i 90 minuti. Ai supplementari, i rispettivi commissari tecnici, già costretti a far fronte agli infortuni di Mussi e Jorginho – al loro posto Apolloni e Cafù – decidono di gettare nella mischia anche Evani per Dino Baggio e Viola per Zinho. Ma il risultato  non cambia. Per la prima volta nella storia, la Coppa del Mondo di calcio sarà assegnata dopo i calci di rigore.

Già reduci dalla sconfitta dagli undici metri quattro anni prima, in occasione della semifinale di Italia ’90 contro l’Argentina, gli azzurri devono necessariamente dimostrare maggior freddezza dal dischetto, se intendono alzare per la quarta volta l’ambito trofeo.

Eppure quella sequenza di calci di rigore si rivela ancora una volta fatale. E sono i nostri uomini simbolo, ironia della sorte, a consegnare al Brasile la Coppa, traditi dall’emozione di realizzare un sogno mai così vicino e alla portata. Franco Baresi calcia alto, il centravanti Daniele Massaro si fa respingere il pallone e Roberto Baggio, infine, consegna lassù, nel cielo dove riposa Ayrton Senna, quel pallone che rende la Selecao tetracampeon.

E’ stato Ayrton Senna a spingere quel tiro così alto“, avrebbe dichiarato qualche anno dopo il Divin Codino, ricordando come in quell’anno, appena due mesi prima, scomparve all’autodromo di Imola uno dei più grandi geni che lo sport ricordi, al quale il Brasile dedicò quel trionfo mondiale.

Come quattro anni prima e come quattro anni dopo: maledetti rigori!

https://www.youtube.com/watch?v=vGz35mrR75E

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