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Ivan Basso si ritira: “Giorno speciale”. Le tappe di una carriera “in salita controvento”

Nel corso della presentazione del Giro d’Italia 2016 avvenuta a Milano Expo, ecco la notizia che t’aspetti ma che vorresti non arrivasse: Ivan Basso lascia il ciclismo agonistico a 37 anni, di cui tanti passati a lottare e a primeggiare sulla strada. Due Giri d’Italia (2006-2010) e due podi al Tour de France (2004-2005) sono soltanto alcuni dei risultati ottenuti da un campione dal punto di vista umano – prima ancora che sportivo – esempio per generazioni di giovani che si apprestino a divenire atleti.

10 giugno 1984, Arena di Verona. Tutto ha inizio lì. Ammirando dal vivo le imprese del suo idolo Francesco Moser, vincitore della Maglia Rosa di quell’edizione, il giovane Ivan si convince: da grande sarà un corridore professionista e farà suo un Giro d’Italia. E i sogni sono fatti per essere realizzati, con costanza e con dedizione, con talento e con passione.

Una carriera luminosa sin dalle categorie giovanili, quella del corridore nato il 26 novembre 1977 a Gallarate: quel titolo mondiale under 23 a Valkenburg nel 1998 fa presagire agli addetti ai lavori la nascita di una nuova stella del ciclismo italiano. Ed è per questo che il direttore sportivo Davide Boifava la vede lunga e gli regala il suo primo contratto da professionista per la stagione seguente.

Nel 2001 l’approdo alla Fassa Bortolo di Giancarlo Ferretti, con la quale comincia una vera scalata ai vertici internazionali: prima grandi piazzamenti nelle Classiche – secondo alla Freccia 2001, terzo alla Liegi ’02, terzo a San Sebastian ’03 – poi il grande exploit nei Grandi Giri. È il 2004, e col passaggio alla CSC di Bjarne Riis arriva la notorietà sul grande palcoscenico del Tour de France, dove i tifosi azzurri cercano un beniamino a cui aggrapparsi dopo la scomparsa di Marco Pantani, qualcuno che li faccia sognare dopo le immortali imprese del Pirata.

Terzo posto finale alle spalle di Lance Armstrong ed Andreas Kloden in quell’anno e, la stagione seguente, arriva al Giro da favorito, ma un virus intestinale lo mette fuori gioco e lo traghetta ancora una volta in Francia: qui soltanto il texano riesce ad impedirgli di vestire la maglia gialla a Parigi, dopo duelli quotidiani appassionanti.

Il 2006 è l’anno della tanto agognata Maglia Rosa al Giro d’Italia, concluso con tre vittorie di tappa e l’incontrastato dominio nella generale. Sembra essere la volta buona per tentare la storica accoppiata Giro-Tour, ma la carriera di Ivan il Terribile subisce un brusco stop: viene coinvolto nell’enorme scandalo doping dell’Operacion Puerto, che lo costringe a due anni di squalifica per utilizzo di pratiche illecite proprio alla vigilia del Tour 2006.

Ma è in questi momenti che si vede il vero campione e così il lombardo non si comporta come tanti altri che in quelle circostanze respingono le accuse oppure gettano fango su altri, lui è diverso. “Ha troppo rispetto per  lo sport che ama, per i tifosi, per se stesso” e così vuota il sacco. “Il Tour era un’ossessione […] un mostro enorme che era riuscito ad entrarmi dentro e ad annebbiarmi la vista e la mente”, sono le confessioni rivelate nella sua biografia In salita controvento.

Scontata la pena, è la Liquigas a dargli una seconda possibilità e Ivan vuole dimostrare che si può vincere e far divertire i tifosi anche senza doping. Dopo il quarto posto alla Vuelta 2009, riecco il Giro d’Italia 2010: è l’Arena di Verona – proprio in quel palcoscenico, dove, 26 anni prima, tutto ebbe inizio – ad incoronarlo per la seconda volta trionfatore e a permettergli di “resuscitare dopo aver toccato con mano le fiamme dell’inferno“.

Ma le parabole discendenti non si possono evitare e così, ormai in là con gli anni per poter contrastare i giovani emergenti delle due ruote, non riesce più a trovare la via del successo. Sceglie quindi un grande gesto di umiltà, quello di mettersi al meticoloso servizio del più grande talento del ciclismo contemporaneo, Alberto Contador.

Il resto è storia recente. La vittoria col Pistolero al Giro d’Italia e l’abbandono forzato dal Tour de France a causa di un male che Ivan ha affrontato e battuto a viso aperto, proprio come per anni ha fatto con la sua bicicletta sulle salite. Ancora in salita controvento e ancora lui ad avere la meglio. E poi la decisione definitiva.

Ho faticato molto nell’ultimo periodo a livello agonistico“, constata il varesino, aggiungendo come il grave problema di salute fortunatamente lasciato alle spalle abbia “accelerato” la sua decisione di appendere la bicicletta al chiodo. “È il momento giusto per dare una svolta alla mia vitaCredo che nella carriera di ogni sportivo arrivi il momento in cui si spegne la luce ed in questo momento la mia luce è fioca”.

“Rimarrò comunque nel mondo del ciclismo: voglio mettermi al lavoro e cercare di fare qualcosa di buono”. “Sono molto felice e sono consapevole che sia scelta giusta. È un giorno speciale perché si chiude una parentesi ma si riapre un’altra“, conclude Ivan Basso con la sua consueta e disarmante serenità.

Tanti i doverosi tributi al campione varesino. Primo fra tutti, Vincenzo Nibali, che ha cominciato la sua ascesa nel professionismo proprio accanto a lui nelle file della Liquigas: “Mi ispiravo a lui quando correvamo insieme e da lui ho imparato quasi tutto: correre al suo fianco è stato come andare a scuola».

Video: Ivan Basso annuncia il ritiro.

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