La stagione ciclistica può dirsi conclusa, si apre dunque quella dei bilanci. Protagonisti di questo scampolo di 2015 sono stati gli atleti italiani, trionfatori di alcune delle più prestigiose corse disputate in giro per il mondo: dalla vittoria della Vuelta a Espana firmata Fabio Aru, i portacolori azzurri si sono fatti valere pressoché ovunque, ad eccezione di una, della più importante gara: il Mondiale di Richmond 2015.
Sono ancora tanti i rimpianti per un diciottesimo posto come miglior piazzamento che lascia adito a polemiche e dubbi sulla condotta di gara nella trasferta statunitense. Ma l’Italia vale davvero quel diciottesimo posto? Cosa non ha funzionato? Chi il responsabile di tale disastro?
Interrogativi che hanno ripreso vigore alla luce dei risultati conseguiti negli ultimi giorni: dalle imprese di Vincenzo Nibali – non soltanto Il Lombardia, ma anche la Tre Valli Varesine, per esempio – al successo di Matteo Trentin alla Parigi-Tours, alle volate di Elia Viviani in Gran Bretagna lo scorso mese e ad Abu Dhabi negli ultimi giorni, fino a Sonny Colbrellli vincitore dell’ultima corsa italiana, il GP Beghelli.
Ci siamo limitati a citare quattro atleti, coloro che hanno fatto parte della spedizione americana. Si era detto che il percorso non fosse adatto alle caratteristiche dei nostri corridori ed i favoriti erano altri. Giustissimo. Pertanto non c’era un capitano designato, bensì diverse cartucce da sparare. Grave errore, questo, come abbiamo più volte sottolineato, perché una nazionale di vertice non può permettersi di essere priva di un punto di riferimento. E come non considerare Matteo Trentin un potenziale leader? E come giudicare il modo in cui sono state adoperate le nostre ruote veloci?
Prendiamo Elia Viviani, per esempio, mandato in avanscoperta in un’inutile azione con Tom Boonen & Co. al penultimo giro, anziché puntare sul suo spunto veloce. Quest’ultimo, pur con la consueta pacatezza, non si esime dal ripercorrere quella giornata, alla luce delle ottime volate disputare negli Emirati, in cui ha messo per due volte la sua ruota davanti a quella del neocampione del mondo Peter Sagan.
“Nella volata con Matthews per il secondo posto ci potevo stare“, afferma lo sprinter del Team Sky intervistato dalla Gazzetta dello Sport – Non mi sono sentito responsabilizzato come leader della squadra, come invece accade quando corro per la Sky“. Non le manda a dire il veronese, che aggiunge: “Avevo preparato benissimo il Mondiale e il c.t. Cassani lo sapeva. Ora mi aspetto che le cose vadano diversamente per il Mondiale del prossimo anno” [a Doha, su un circuito per velocisti].
E ad alimentare le polemiche ci pensa il direttore sportivo della Bardiani-Csf Roberto Reverberi, che, a margine del GP Beghelli vinto dal suo atleta Sonny Colbrelli, lancia una frecciata a Davide Cassani: “Sonny doveva correre il Mondiale – sentenzia – Non lo avrebbe vinto, ma aveva la condizione e le caratteristiche tecniche per poter fare bene. Meglio di quanto è stato fatto“.
Rammarico e recriminazioni a parte, non resta che prenderci ciò che di buono è stato fatto nell’ultimo mese e guardare perciò con ottimismo alla prossima stagione.