L’argomento è stato tra i più chiacchierati dello scorso weekend e lo sarà, probabilmente, ancora per diverso tempo. Stiamo parlando dei motorini inseriti nel telaio delle biciclette: doping tecnologico, dunque, che travalica le frontiere di quello biochimico, con cui ci confrontiamo ormai da decenni. Ricostruiamo tutto ciò che è accaduto in questi giorni e facciamo un po’ di chiarezza.
Heusden-Zolder, Campionati Mondiali di ciclocross. L’Unione Ciclistica Internazionale comunica che un’atleta è stata trovata in possesso di un mezzo non a norma per via di un motorino riscontrato nel telaio. I nomi ufficiali non sono tuttora stati fatti, ma tutte le strade portano all’olandese Femke van den Driessche, rappresentante della categoria under 23.
Da anni si cercava di comprovare una cosa già nota, ma non ancora portata all’evidenza. Tutto era nato, infatti, nel 2010, a seguito di un’inchiesta operata da alcuni quotidiani italiani e portata alla luce da Davide Cassani, allora commentatore tecnico di Rai Sport. L’attuale ct azzurro aveva ammesso di aver scovato questi mezzi illegali che consentono una pedalata assistita, permettendo così all’atleta di risparmiare watt.
Erano circolati nomi altisonanti, in quell’occasione, ma mai fatti dall’ex corridore romagnolo, che non aveva puntato il dito contro alcun corridore. Ora la questione esce allo scoperto nella manifestazione iridata di ciclocross. Se l’azienda produttrice della bici in questione, la Wilier Triestina, si è sin da subito dichiarata parte lesa perché la vicenda vede danneggiata un’impresa con oltre 100 anni di storia, controversa è la situazione della diretta interessata.
Van den Driessche si proclama infatti innocente, dichiarando che la bici in questione apparteneva ad un amico che si allena con lei abitualmente e che la stessa non avrebbe “mai barato”, pur consapevole che la sua carriera, a soli 19 anni, potrebbe essere già terminata, essendo stata già scaricata anche dal CT della nazionale Rudy De Bie e dai vertici del suo team, la Kleur Op Maat CT.
Ma proprio in rete spunta un video che avrebbe del clamoroso: parrebbe, infatti, che lo scorso 1 novembre, nel corso del Koppenberg Cross di Audenarde, la stessa ragazza avesse già utilizzato una bicicletta alquanto sospetta, che le avrebbe permesso una sensibile accelerazione in salita – senza alzarsi sui pedali – lasciando di stucco le avversarie di fronte alla potenza espressa. Qui il video che la incastrerebbe.
E poiché, si sa, il doping corre assai più veloce dell’antidoping, neppure il tempo di scovare questo vile trucco che ecco pronte soluzioni più avanzate. La Gazzetta dello Sport spiega, infatti, come secondo le nuove tecnologie, sia la ruota posteriore la parte della bici predisposta per ospitare il motorino, che incrementerebbe le prestazioni tra i 20 e i 60 watt.
Certamente non si finirà qui di parlare di questa vicenda. Occorre, è proprio il caso di dirlo, una pausa di riflessione.