Calato il sipario sui Campionati Mondiali indoor di atletica leggera. Portland 2016 ha visto quattro giorni di gare tra atleti provenienti da quasi 150 Paesi al mondo – assenti, va sottolineato, molti big – al termine dei quali si è sancita la netta supremazia degli Stati Uniti padroni di casa.
Ben ventitré le medaglie portate a casa dalla nazionale a stelle e strisce – tredici delle quali d’oro – osannata dal pubblico dei 7000 spettatori giornalieri dell’Oregon Center. Alle spalle dei nordamericani c’è l’Etiopia, con due ori e cinque medaglie totali. Terzo posto per la Francia che, malgrado abbia dovuto fare i conti con la delusione dell’ultimo giorno nei 60 hs uomini (Martinot-Lagarde e Bascou entrambi battuti), sia riuscita a portare a casa quattro medaglie, tra cui spicca l’oro, nella prima giornata di gare, del primatista mondiale di salto con l’asta Renaud Lavillenie.
Proprio il francese ha rispettato in pieno i pronostici della vigilia, assieme alle altre stelle della manifestazione, come lo statunitense Ashton Eaton o l’etiope Genzebe Dibaba. Chi invece non ha confermato le aspettative è stata Dafne Schippers, campionessa mondiale olandese outdoor, che nei 60 piani ha dovuto accontentarsi del secondo posto. Dominio americano, dunque, ma gli altri continenti possono vantare prestazioni importanti, come il triplo uomini tutto cinese, il peso neozelandese al maschile che scopre il talento di Tomas Walsh, i campioni iridati del vecchio continente Pavel Maslak e Gianmarco Tamberi.
Già, Tamberi, l’eroe della spedizione azzurra che poteva fare affidamento su soli cinque atleti. Anche il marchigiano, partito con la miglior misura stagionale, ha retto benissimo l’emozione e si è piazzato davanti a chi, come il qatariota Mutaz Barshim, è abituato ai grandi palcoscenici. Non bisogna cullarsi sugli allori, ora, perché c’è un’intera stagione all’aperto tutta da preparare, la più importante dell’intero quadriennio perché culminante con i Giochi Olimpici di Rio 2016.
Affermare che l’Italia si sia rialzata dopo la figuraccia di Pechino 2015 è forse inopportuno perché, dietro Tamberi, di atleti in grado di dire la loro nelle grandi competizioni internazionali ancora non se ne vedono (eccezion fatta per la marcia). Ma è indubbiamente un passo in avanti, dal momento che Gimbo riporta l’Italia sul gradino più alto del podio dieci anni dopo la prodezza di Giuseppe Gibilisco nell’asta a Parigi 2003.
Di seguito il medagliere definitivo di Portland 2016.