Il rompete le righe di ieri in Serie A è stato l’ultima occasione per vedere all’opera tre grandi del calcio italiano che hanno solcato i campi della massima serie degli anni Duemila: Totò Di Natale e Miro Klose sono scesi in campo e hanno segnato; una settimana fa lo aveva fatto anche Luca Toni. Tre grandi bomber che dicono addio: e che bisogna a ogni modo ringraziare. Apologia del bomber Klo-(Di)Na-To che mancherà alla Serie A.
In principio è stato l’attaccante modenese gira-Italia e giramondo: il bomber del Verona ha salutato tutto e tutti domenica scorsa col rigore a cucchiaio nientepopodimeno che contro la Juventus già campione d’Italia. L’ultima suggestiva firma in una catena di 324 reti segnate fra club e Nazionale, con l’apice raggiunto nel 2006 col titolo di campione del mondo.
Toni e fulmini: 157 totali in Serie A (miglior stagione nell’anno del Mondiale, il 2005-06, con 31 gol in 38 gare), più 60 segnati in Bundesliga nel Bayern con cui si è laureato campione di Germania.
All’ariete che ha esultato tante volte con quella mano destra roteante sull’orecchio destro è mancato davvero solo il campionato italiano, ma quando cambi tante maglie e sai farti amare a suon di gol e professionalità hai già vinto in partenza: Toni è davvero entrato nel cuore di tanti grazie alla sua dedizione e alla sua compostezza.
L’attaccante modenese inoltre è stato il primo calciatore italiano a vincere la classifica marcatori con due maglie diverse, quelle di Fiorentina e Hellas; unico a vincerla in Bundes e giocatore ad averla vinta da più anziano in Serie A (l’anno scorso con 22 gol insieme a Icardi); primo calciatore infine a vincere la Scarpa d’oro e l’unico insieme a Francesco Totti. Cos’altro aggiungere? Ah, sì: grazie davvero, Luca, calciatore in punta di piedi.
Un altro pezzo del Bayern del passato ha giocato – e segnato tanto – in Italia: è (stato) Miroslav Klose, che giocò anche in coppia con l’ariete di Pavullo nel Frignano fra 2007 e 2009.
Ora anche il Panzer tedesco se ne va: avventura alla Lazio finita dopo cinque splendide stagioni, nelle quali il servizio offerto alla causa biancoceleste non è mai venuto meno: la Coppa Italia 2012-13 alzata in faccia alla Roma è stato il punto più alto raggiunto in Italia.
Ieri l’Olimpico in festa ma con le lacrime agli occhio gli ha tributato il trionfo che spetta solo ai grandi campioni. Ricordando innanzitutto, nell’anno del suo arrivo nella Capitale, il gol al 94’ nel derby con la Roma dell’ottobre 2011; e poi quel gesto di grande sportività, quando nel 2012 segnando di mano contro il Napoli ammise il suo gesto e con grande fair-play disse all’arbitro Banti di annullarlo.
Anche per lui gol dal dischetto: il modo più sicuro per suggellare una carriera fantastica, con quel Mondiale vinto lo scorso anno che l’ha portato a detenere il record di miglior marcatore della storia della Coppa del Mondo avanti a Ronaldo, e i 64 gol totali segnati con la maglia dell’aquila romana (a pari merito con Pandev).
Poco si sa sul futuro del 38enne funambolo di origine polacche, resosi protagonista dell’esultanza con esaltante capriola mozzafiato: non si capisce se possa finire la carriera oppure continuare. Di sicuro sarà lontano da Formello: i laziali sperano di vederlo presto in società.
Di lui Reja disse in tempi non sospetti: “è il primo che arriva al campo di allenamento e l’ultimo ad andarsene”. Prospettive di un altro campione esemplare. E in un tempo di vacche magre e giocatori svogliati e primedonne, Klose resta una testimonianza sincera di come il calcio sia, innanzitutto, abnegazione e spirito di sacrificio.
E infine, Totò: bandiera assoluta dell’Udinese, 209 reti in Serie A e sesto miglior marcatore della storia della massima serie.
Vincitore della classifica cannonieri per 2 stagioni consecutive (2009-10 e 2010-11); primatista di presenze e di reti con la maglia dell’Udinese in Serie A (385 presenze e 191 reti) e nelle competizioni UEFA per club (37 presenze e 17 reti).
Per non parlare della Nazionale: 11 gol in 42 presenze in dieci anni fino all’anno dello sfortunato Euro 2012, quando la sconfitta in finale con la Spagna gli tolse la possibilità di un trofeo che avrebbe aggiunto la ciliegina sulla torta di una carriera indimenticabile.
A un certo punto Di Natale è stato accostato addirittura a Messi e Cristiano Ronaldo: unici, rispettivamente con 82 e 86 gol, a segnare più di lui nei maggiori campionati europei fra la stagione 2009-10 e il dicembre 2011.
Numeri detti tutti d’un fiato per sottolineare l’estro e la prolificità dell’attaccante di 38 primavere e mezzo arrivato dalla Napoli cresciuta a strada e pallone nell’Udinese dei Pozzo come un talento tascabile e di grande caratura.
Dal Friuli non se n’è andato più via: neppure quando la Juve della rifondazione ha provato a trascinarlo nel progetto. “No, grazie”: Totò era convinto che lì sarebbe diventato solo uno dei tanti, mentre a Udine era ed è stato sempre primus supra pares. Niente di più giusto: l’ex scugnizzo partenopeo è stato spesso anima e cuore dei bianconeri del Nordest.
Per tre giocatori, e prima di tutto uomini di calcio, del genere la Serie A e gli appassionati non possono che dire un grAzie grAnde così!