Stasera Real-Atletico è l’atto finale della Champions 2015-16. Un derby anormale nella Scala del Calcio: una conclusione degna del più grande trofeo calcistico europeo. Vediamo come sono arrivati a Milano le merengues della Casa Blanca: da Benitez a Zidane, il risultato è sempre quello; il Real si gioca la 14esima finale della sua storia, cercando la sua un-Décima.
Quella di quest’anno è stata, ancora di più, la Champions di CR7: Cristiano Ronaldo ha fatto il fenomeno in tutto e per tutto, segnando praticamente in ogni partita madridista giocata sul Vecchio Continente.
Pochissimi i passaggi di vuoto dell’ingranaggio portoghese, vera anima di una squadra che a inizio stagione, nonostante la chiamata di Benitez, ha vissuto lo strano paradosso di chi vince ma non riesce a convincere tifosi e dirigenza.
A gennaio, complice il pasticcio-Cheryshev in Copa del Rey, Rafa è stato esonerato per far largo al “nuovo che avanza”, a quel Zinedine Zidane che la Champions da allenatore – seppur in seconda – l’ha già vinta, e guarda caso proprio nel 2014 sempre contro l’Atletico e sempre contro Simeone, quando sulla panchina del Real sedeva un certo mostro sacro chiamato Ancelotti.
Benitez comunque un merito ce l’ha avuto: quello di aver portato la Casa Blanca madridista agli ottavi in gran carrozza e in stile-Real, con 5 vittorie e un pareggio appena (con il Psg, sconfitto comunque nel ritorno di novembre 1-0 col sigillo di Nacho). Massacrando il Malmö: da capogiro soprattutto l’8-0 di dicembre con il tris di Benzema e il poker di Ronaldo); e ripetendosi pure con lo Shakhtar (4-0 all’andata con tripletta del portoghese; 3-4 al ritorno con rimonta ucraina sfiorata nel finale dopo, fra l’altro, una doppietta del solito CR7).
Poi sono arrivati le fasi a eliminazione: prima il doppio 2-0 a una Roma sciupona e immatura, specie nel secondo atto al Bernabeu (nel giorno dell’ovazione a Francesco Totti); poi la grande paura contro il neofita Wolfsburg, vittorioso 2-0 in Germania ma poi spazzato via dalla marea ronaldiana a Madrid, con l’ennesima tripletta del fuoriclasse di Madeira e un 3-0 ruggente ed eloquente (coi 16 gol europei segnati, finora, da Ronaldo: ne manca un altro per eguagliare il primato della Champions 2014, quando arrivò a 17).
Come a dire: il Real è sempre lì, lì sul pezzo, e in finale prima o poi ci arriva sempre e comunque. L’ultimo ostacolo è stato quello chiamato City: un’altra squadra “nuova” e non abituata a certe altezze da Champions, ma che è riuscita a irretire la squadra di Zizou, fino al fortunoso gol di Gareth Bale nel ritorno in Spagna.
Il percorso delle merengues dunque sembra meno scintillante rispetto alla marcia trionfale eseguita nello stesso periodo dall’Atletico: da una parte squadroni frantumati sotto i colpi del cholismo; dall’altra piccole-grandi squadre abbattute sotto i colpi implacabili dell’“uomo solo al comando” che viaggia a velocità supersonica verso la conquista del Pallone d’Oro 2016.
Al portoghese la Champions nelle mani del Madrid spalancherebbe ancor di più le porte verso quel trofeo che, per colpa d’altri, gli manca dal 2013. Con l’Un-Décima tutto sarebbe più facile.