La Copa America Centenario stenta a decollare per le grandi nazionali del continente: il Brasile resta inchiodato sullo 0-0 con l’Ecuador, stessa sorte per il Paraguay per la Costa Rica; vince, e per 0-1, solo il Perù con Haiti. Stanotte fra le altre debutta l’Uruguay col Messico.
COSTA RICA-PARAGUAY 0-0
Costa Rica al solito ostico, con la difesa a cinque e le giocate di contropiede di Ruiz e Campbell. L’Albirroja di Ramon Diaz finisce irretita e senza una punta vera non fa neppure il solletico agli avversari.
Questo il tema tattico di una partita noiosa e monotona, dove a vincere sono noia e sbadigli: il Paraguay fa uno sterile predominio territoriale, il Costa Rica si accontenta del catenaccio. Nient’altro da segnalare, a parte l’espulsione nel finale del centroamericano Waston.
La nazionale dei già “romanisti” Iturbe e Sanabria (il primo subentrato nel finale, il secondo rimasto in panchina) delude: il gap tecnico non s’è visto, bisognerà inventarsi molto di più per passare il turno.
HAITI-PERÙ 0-1
Risultato risicato ma comunque importante per il Perù, che riesce a piegare un coraggioso e precario Haiti con l’esperienza di quella vecchia volpe chiamata Paolo Guerrero.
Onore comunque alla squadra haitiana di Neveu, che ha messo in luce alcuni giocatori se non altro interessanti, come Lafrance, Marcelin e Nazon, e una vena atletica non indifferente che ha messo comunque in difficoltà i più esperti peruviani.
Il portiere andino Gallese poi se l’è vista davvero brutto quando a 5” dalla fine il neoentrato Belfort si è divorato il gol di uno storico pareggio a una manciata di centimetri dalla porta: sarebbe stata un’impresa eccezionale per Haiti.
Alla fine però il Perù ha fatto valere il maggior tasso tecnico, con un palo di Cueva al 45’ e il colpo di testa acrobatico del Depredador ex Bayern Monaco, andato a segno al 61’: non si dimentichi che Guerrero è stato il capocannoniere della scorsa edizione. Chi ben inizia, dunque, è a metà dell’opera…
BRASILE-ECUADOR 0-0
No Neymar, no party: senza l’asso del Barcellona il Brasile è davvero poca cosa. A Pasadena, nel Rose Bowl che nel ’94 consacrò il quarto Mondiale della Seleçao con i rigori da tregenda contro l’Italia di Sacchi, è andata in scena una nazionale verdeoro sbiadita e confusa.
La nazionale è a somiglianza di Dunga, una versione troppo pragmatica di un calcio da sempre inteso come il più spumeggiante e spettacolare del mondo. Mancavano certamente Neymar in testa, e poi i vari Marcelo, Rafinha, Douglas Costa e Kakà (ultimo nella lista degli acciaccati), ma il Brasile non ha per nulla entusiasmato.
Con un attaccante come Jonas che per mediocrità fa impallidire i grandi del passato, con Dani Alves e Coutinho che hanno la sfortuna di sbattere sull’ispirato Montero, l’Ecuador ha gioco facile nel resistere: Valencia crea grossi grattacapi a Filipe Luis, e nella mediana verdeoro Casemiro è addirittura imbarazzante nel creare gioco.
Nel secondo poi oltre ai danni (d’immagine) il Brasile rischia di pagare pure la beffa: la combina Alisson, il portiere di Dunga che, sorpreso, arriva in ritardo per coprire il suo palo su un cross di Bolanos dal fondo e spedisce addirittura il pallone.
Una frittata pazzesca che però l’arbitro non certifica: l’autogol è da annullare perché il cross è arrivato quando il pallone (sembra che abbia) ha varcato la linea. I dubbi sul gol restano; quelli sul Brasile di Dunga restano tutti.
Stanotte altre due partite: alle 23 Giamaica-Venezuela, alle 2 Uruguay-Messico