Nel calcio, quando arriva una finale, c’è sempre chi prende l’ascensore e sale in paradiso e chi invece imbocca la strada contraria per l’inferno con le lacrime agli occhi. Nel calcio sudamericano la storia si è ripetuta: come l’anno scorso, sempre ai rigori, il Cile trionfa portandosi a casa pure la Copa America Centenario, l’Argentina sprofonda nell’abisso della maledizione portata dalla sua stella più grande: Leo Messi. Una maledizione impressionante.
Di Messi e del suo rapporto maledetto con la maglia dell’Albiceleste si è già detto: del suo rigore fallito all’inizio della lotteria – dopo lo sbaglio di Vidal – che condiziona la sequenza successiva con un altro specialista, Lucas Biglia, che finisce ipnotizzato dal fascino stregato del penalty, forse si continuerà a parlare.
Messi finisce in lacrime, come tutta l’Argentina: consolato a fine gara da Bravo, l’eroe per eccellenza del piccolo, grande Cile dal cuore d’oro.
Quello che cambia condottiero (da Sampaoli a Pizzi) ma arriva a confermare il suo dominio sul continente: in due anni, due Copa America vinte con una squadra a metà fra l’operaismo guerriero dei Medel, Jara, Beausejour e Fuenzalida, e la tecnica sopraffina dei Sanchez e dei Vargas. Un’esperienza cominciata male quest’anno col 2-1 patito per mano argentina, ma poi ripresa alla grande col celebre 7-0 al Messico e lo 0-2 alla Colombia.
Il Cile è di nuovo sul tetto del (Sud)America: l’ha ribadito pure al termine dell’edizione del Centenario, ospitata a casa di quegli States che hanno sempre guardato al loro grande Sud come a un giardino da colonizzare e che invece si sono dovuti accontentare di assistere all’ennesimo trionfo altrui dal 4° posto.
Quello dove erano stati relegati dopo aver perso, in semifinale, proprio contro Messi e compagni. La notte di East Rutherford ci riconsegna però il rumore fatto dal tonfo dei perdenti. Argentina alla terza finale persa in tre anni.
Mondiale 2014, Copa 2015, Copa 2016: una staffetta terribile, un trittico di paure, di ansie spezzate, di lacrime sconfortanti. Con Messi che aveva preso per mano la sua Nazionale, la nazione intera, che fallisce ancora, e con lui tutta l’Albiceleste che capitola di nuovo a un passo dal traguardo.
Il capitombolo porterà a un nuovo rimpasto: la Pulce ha già detto che se ne andrà; anche Higuain (dopo l’errore clamoroso che poteva cambiare la partita) è pronto; Tata Martino sarà sostituito. Da chi ancora non si sa. L’Argentina è disperata: l’incubo non è finito.