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Chris Froome a piedi sul Mont Ventoux. Foto: Reuters

Tour de France, dov’è finita la grandeur?

Magnificenza, meticolosità, aspetti organizzativi curati nel minimo dettaglio: sono alcuni dei caratteri che hanno contribuito, nel corso degli anni, a rendere grande il Tour de France, la più importante manifestazione ciclistica al mondo, uno tra gli eventi sportivi più prestigiosi a livello planetario. Ma si può ancora parlare di grandeur francese, stando a quanto accaduto nel corso della 12^ tappa della Grande Boucle 2016, quella terminante su un monco Mont Ventoux?

Ricostruiamo prima di tutto i fatti. Siamo ormai nelle fasi finali di gara e la maglia gialla Chris Froome (Team Sky) è il primo dei big assieme al suo ex compagno Richie Porte (Bmc) e a Bauke Mollema (Trek-Segafredo). Improvvisamente una moto della televisione frena e si scatena il tamponamento a catena: finisce a terra l’australiano, su di lui il britannico e poi l’olandese.

Quest’ultimo è il più lesto a ripartire e ad arrivare fin sul traguardo. Gli altri due vengono superati da coloro che li seguivano, ovvero gli altri uomini di classifica già precedentemente messi al gancio dall’azione del frullatore (pur non incisivo come siamo abituati a vederlo, ma pur sempre un gradino sopra Quintana & Co). Il keniano bianco cerca disperatamente una bici, essendo la sua non più utilizzabile: comincia nervosamente a correre a piedi, poi sale su una moto fornitagli, ma è costretto nuovamente a fermarsi e ripartire per salire su un mezzo della sua misura.

Il ritardo accumulato sul traguardo gli costa la maglia gialla, che momentaneamente passa sulle spalle del giovane Adam Yates (Orica-BikeExhange). Passano diversi minuti e i commissari decidono di accreditare l’ex leader del tempo di Bauke Mollema, permettendogli così di riposizionarsi in testa alla generale. Ma il danno d’immagine è notevole.

È il secondo episodio in questa 103^ Grande Boucle che va a minare la magniloquenza della corsa. Ricordate la flamme rouge caduta in testa allo stesso Yates qualche giorno fa? Allora bastarono le scuse fatte personalmente al corridore da parte del direttore di corsa, Christian Proudhomme. Stavolta cosa accadrà?

Lo stesso numero 1 Aso si difende e, ai microfoni di France TV, dichiara: “Eravamo in una situazione eccezionale, c’era un grande afflusso di spettatori negli ultimi chilometri. Ieri non potevamo fare altro che cambiare il traguardo, il vento era eccessivo. Questo ha creato un ingorgo di pubblico e non siamo riusciti a posizionare le transenne come previsto perché volava tutto […] La decisione dei tempi è stata eccezionale, senza precedenti“.

Pur condannando l’eccessiva invadenza dei tifosi che hanno innescato la frenata della moto e la reazione a catena, l’organizzazione ha evidenti colpe nell’aver mancato di transennare il tratto decisivo di gara. E poi ancora una volta le moto, che nell’ultimo anno si sono rese responsabili di innumerevoli episodi, talvolta con conseguenze gravissime.

Si ripara aggiustando i tempo sul traguardo, ma il precedente creatosi rischia di generare ulteriori scompigli. A ciò si aggiunge anche la dichiarazione con velo di amarezza da parte di Bauke Mollema, che su twitter si chiede quali decisioni sarebbero state prese se fosse caduto un corridore qualsiasi.

Ma tra poche ore la corsa proseguirà la sua marcia verso Parigi e il Tour continuerà ad essere l’evento più considerato. Con buona pace per gli organizzatori del Giro d’Italia che dovrebbero imparare a guadagnarsi maggior considerazione per l’egregio lavoro che svolgono.

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