Lavorare tanto, splendidamente e con convinzione, e tornare a casa a mani vuote. È semplicemente frustrante l’epilogo della gara in linea di ciclismo su strada di Rio 2016 per i colori azzurri, ma l’Italia di Davide Cassani non ha davvero nulla da rimproverarsi per come ha saputo interpretare la gara, risultando unanimamente la squadra più compatta e vicina al conseguimento del massimo risultato, che nella competizione a cinque cerchi manca dall’acuto di Paolo Bettini ad Atene 2004.
Soli 11 km separavano Vincenzo Nibali da qualcosa che potesse coronare definitivamente una già ricchissima carriera. Soli 11 km quando una curva e un muretto, sulla discesa di Vista Chinesa, hanno definitivamente spento i sogni olimpici, quelli sui quali aveva organizzato l’intera stagione sacrificando anche il Tour de France. Doppia frattura della clavicola e ritorno anzitempo a casa.
Di fronte a nazionali mai realmente in gara – dall’anonima Francia ai Paesi Bassi, fino alla Spagna in cui il favorito numero 1, Alejandro Valverde, è parso l’ombra di se stesso – l’Italia di Davide Cassani esce a testa altissima: Alessandro De Marchi lavora nelle prime fasi per controllare il distacco della prima fuga; Damiano Caruso è lesto a portar via l’azione che poi finisce per rivelarsi quella decisiva; Fabio Aru e Vincenzo Nibali rientrano con una bella incursione in discesa, la stessa che poi pone fine alle speranze del siciliano.
Prosegue il digiuno dell’italciclismo nelle competizioni internazionali – Mondiali e Olimpiadi – ma la strada tracciata dal tecnico romagnolo è quella giusta. “È stato veramente un grande dispiacere, soprattutto per come hanno interpretato la gara i ragazzi; per l’abnegazione, per il sacrificio e lo spirito di squadra – riflette rammaricato l’ex commentatore tecnico Rai a fine gara – Hanno realizzato tutto quello che ci eravamo ripromessi e su un percorso così, con questi avversari, era difficile”.
La medaglia d’oro, va detto, l’ha vinta con pieno merito un Greg Van Avermaet che si è definitivamente scrollato di dosso l’etichetta di eterno piazzato – e ha riportato l’alloro olimpico in uno dei templi del ciclismo, il Belgio.