Ultimo weekend di Olimpiadi, primo per la Serie A: coincidenze? Forse. È un passaggio di testimone che ci fa riflettere. Con malinconia.
Questo è un editoriale: nessuna polemica, nessuna amarezza. Solo realismo. Il passaggio dalle Olimpiadi alla Serie A sembra un semplice passaggio di testimone da uno sport (anzi molti sport) all’altro; dalla moltitudine degli sport a cinque cerchi al monopolio che il football planetario, e nostrano in particolare, s’è garantito negli occhi e nei cuori di milioni di appassionati italiani.
Ora che i riflettori mediatici si spegneranno sulle Olimpiadi come il fuoco della torcia e torneranno a brillare, unici e incontrastati, i riflettori sui campi della Serie A assisteremo in modo silente al Grande Oblio che colpirà i piccoli grandi sport che a Rio 2016 hanno dato spettacolo ed emozionato e a cui, uno per uno, coppia per coppia o squadra per squadra, vogliamo/dobbiamo essere infinitamente grati. Nonostante tutto, tutti ora finiranno sacrificati sull’altare per fare, rifare spazio, al grande dio pallone.
E la cosa, oltre che farci tristezza, ci dà anche rabbia: spente le luci, pochi si ricorderanno delle imprese medagliate di Fiamingo, Detti, Longo Borghini, Cagnotto/Dallapè, Giuffrida, Basile, Garozzo, Campriani, Pellielo, Innocenti, Di Francisca, Di Costanzo/Abagnale, Castaldo/ Lodo/Montrone/Vicino, Bacosi e Caneiro, Rossetti, Paltrinieri e ancora Detti, ancora Campriani, ancora Cagnotto, Garozzo/Pizzo/Santarelli/Fichera, Bruni, Viviani, Lupo/Nicolai, Setterosa, Chamizo e Italvolley.
E ancor di meno saranno coloro che, fino a Tokyo 2020, si ricorderanno anche solo lontanamente degli sport che anche a Rio 2016 hanno contribuito a dare gloria sportiva a tutti gli atleti azzurri che, anche solo per sudore sacrificio e abnegazione, hanno meritato la pariglia dell’oro: dal beach volley alla pallanuoto al nuoto in vasca e in mare, dalla pallavolo alla scherma ai vari sport di tiro (dove siamo diventati fenomeni), dal ciclismo su strada e su pista al canottaggio al judo.
Dove l’Italia non avrà vinto non ci sarà neppure spazio per la memoria storica: vela, equitazione, tennistavolo e tutto il resto, neppure una riga sui giornali o un pensiero nella testa.
Ora che è ricominciato il Grande Circo del Pallone, le Olimpiadi scompariranno. Nell’ immaginario collettivo sono eventi che capitano ogni 4 anni, a differenza del calcio che gioca praticamente tutti i giorni continuamente e senza sosta.
Non è raro trovare chi s’immagina che tutti i giorni continuamente e senza sosta lottano con sacrifici forse triplicati gli atleti degli sport individuali e di squadra; tutti loro lo fanno con un solo obiettivo: arrivare dopo allenamenti impressionanti e massacranti a giocarsi la gloria olimpica ogni 4 anni. Sapendo di fare ben presto la fine delle lucciole, che brillano per poche settimane e poi si spengono per colpe non loro.
Il peccato è che dopo i buoni propositi, finite le Olimpiadi, si torna alla vita di tutti i giorni: in una quotidianità anestetizzata dal calcio, imbottita dagli anabolizzanti di pre e post-partita, speciali e controspeciali, moviole e anti-moviole, telecronisti opinionisti e soubrette.
Un grande circo appunto che muove milioni e milioni di interessi in euro e che si pappa tutta la torta, lasciando briciole di visibilità agli olimpionici. Diventati eroi per un paio di settimane e poi tenuti alla berlina. Buoni magari per essere rispolverati ogni tanto nelle fasi di stanca.
Ci piacerebbe veder dare sempre a Cesare quel che è di Cesare: qui invece si continuano ad omaggiare i Bruti e i Cassi con attenzioni smodate e patologiche, mentre il console/dux accoltellato si trascina agonizzante per strada invocando, solamente e semplicemente, spazio.
Lo sport è bello tutto: passare dal coraggio a cinque cerchi alla banalità pacchiana e polemica del calcio è un duro colpo, per chi come noi scrive di sport perché lo ama nel profondo.
Il tempo però passa e corre; il calcio pretende il suo nuovo tributo di gol, infortuni, squalificati e notizie a ciclo continuo. E anche noi, piccoli cronisti sportivi per smisurata passione, ci siamo dentro, volenti o nolenti.
Perciò noi di Mondiali.net seguiremo anche la nuova stagione del calcio italiano e internazionale appena iniziata. Con la stessa professionalità e la stessa cura dei dettagli che abbiamo sempre profuso, ma anche – ci sia consentito dire – con tanta malinconia nel cuore e nella mente. Dove le emozioni olimpiche ancora non si sono spente. Chi dimentica è complice del Sistema: noi non lo siamo perché crediamo a tutti gli sport. Anzi, allo Sport nel senso nobile del termine. Secondo ogni olimpico punto di vista: quello che c’interessa e ci fa battere il cuore anche e ancora a riflettori spenti.