Basile judo
Fabio Basile campione olimpico a Rio 2016. Foto: Getty Images

Rio 2016, judo top, boxe flop. Le due facce dell’Italia che combatte

Luci dal tatami, ombre dal ring. Risultati antitetici, quelli ottenuti dall’Italia di judo e boxe ai Giochi Olimpici di Rio 2016: quattro anni dopo Londra 2012, completamente rovesciata la situazione azzurra per i due sport di combattimento.

Judo. Con soli sei atleti al via – numero ridotto causa non eccelsi risultati conseguiti negli ultimi anni – la nazionale italiana ha raggiunto nell’obiettivo di ripartire, vincendo e convincendo. Dal solo bronzo di Rosalba Forciniti a Londra 2012 si è passati a un oro e un argento (quarto posto nel medagliere di specialità), uniti alle buone performance di coloro che, pur eliminati, hanno reso cara la pelle agli avversari.

È Fabio Basile colui che è riuscito a riportare l’oro in Italia otto anni dopo l’ultimo targato Giulia Quintavalle a Pechino 2008: una medaglia importante, quella della categoria 66 kg, perché la numero 200 della storia dello sport azzurro e perché giunta al termine di un percorso in cui il ventunenne di Rivoli ha domato con superba autorevolezza – e con un pizzico di spavalderia che non guasta mai – tutti i rivali.

Accanto a lui, la bella prova di Odette Giuffrida, regalatasi una splendida medaglia d’argento che avrebbe potuto essere oro, dal momento che la campionessa olimpica, la kosovara Kelmendi, meritava di essere squalificata per condotta di gara illecita. E poi il talentuoso Elios Manzi, Matteo Marconcini, Edwige Gwend: atleti ben comportatisi e che, in virtù della loro giovane età (Basile classe ’94, Manzi classe ’96, ad esempio) hanno davanti un futuro luminoso. Senza dimenticare gli  juniores che si sono fatti valere nelle recenti rassegne continentali e che sono pronti ad aggiungersi tra gli élite.

Discorso inverso per il pugilato, che nelle ultime edizioni ci aveva sempre regalato discrete soddisfazioni: a Londra due argenti firmati Roberto Cammarelle e Clemente Russo, stavolta si torna a casa a mani vuote, col commissario tecnico Damiani che ha già rassegnato le dimissioni.

Gli alibi ci sono, eccome. Basti pensare ai discutibilissimi verdetti dei giudici che hanno comportato l’eliminazione di Clemente Russo (per il campano, quarta Olimpiade, p di fatto impossibile ogni ipotesi di riscatto) e della diciottenne Irma Testa, uno degli atleti più incisivi ammirati sul ring di Rio de Janeiro.

Ma poi il nulla: poco da fare per il professionista Carmine Tommasone, Ko con il pluricampione mondiale cubano Lázaro Álvarez, e per Vincenzo Mangiacapre, costretto al ritiro dopo un infortunio al volto; male, ben al di sotto delle attese, Valentino Manfredonia, Manuel Cappai e Guido Vianello, subito sconfitti da avversari in alcuni casi alla portata. Urge un cambiamento.

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