Bilancio dolce amaro per l’Italia dei remi e delle pagaie a Rio 2016: sono arrivati due bronzi nel canottaggio che fanno sperare; 0 invece nella canoa.
CANOTTAGGIO
Non siamo ancora ai livelli dell’Italia d’oro degli anni Novanta e dei primi Duemila (degli Agostino Abagnale, per capirci) ma qualche segnale si incomincia a intravedere. Anche perché rispetto a quattro anni fa, l’Italia del canottaggio passa dalle due finali e un argento a Londra 2012 alle quattro finali con due bronzi di Rio 2016.
Un risultato comunque positivo, arrivato pur dovendo fare i conti con la squalifica per doping di Niccolò Mornati che doveva partecipare con Vincenzo Capelli col duo senza in coppia. Al loro posto l’Italia ha rischiato chiamando in acqua Marco Di Costanzo e Giovanni Abagnale, il primo campione del mondo in carica del quattro senza e il secondo che veniva dal mancato pass dell’otto – poi ripescato.
Il connubio napoletano che sembrava un azzardo invece ha funzionato e ha riportato nella bacheca dei remi italiani una medaglia che mancava da ben 68 anni: un bronzo che vale quasi quanto un oro viste le previsioni della vigilia e che fa il paio con l’altro 3° posto olimpico, conquistato nel quattro senza da Domenico Montrone, Giuseppe Vicino, Matteo Lodo e Matteo Castaldo.
Negli altri settori invece qualcosa di più si poteva senz’altro fare, anche perché in alcuni casi le giuste premesse c’erano o dall’inizio (l’obiettivo-medaglia di Marcello Miani e Andrea Micheletti nel doppio pl) o s’erano materializzate man mano (Oppo, Goretti, La Padula e Ruta nel quattro senza pesi leggeri, giunto amaramente 4°). Altra medaglia di legno quella conquistata, con soddisfazione, da Francesco Fossi e Romano Battisti nel doppio maschile.
Si finisce così: qualcosa di buono, da quello si potrà ripartire sulla lunga, lunghissima strada verso Tokyo 2020.
CANOA
Nella canoa invece è mancata la medaglia che a Londra 2012 Daniele Molmenti centrò nella canoa slalom; il forestale made in Pordenone non è riuscito a qualificarsi per Rio 2016 e non ha dunque potuto proteggere il titolo olimpico.
Sono chiaramente lontani i tempi in cui il movimento della pagaia tricolore dava spettacolo con Antonio Rossi e Josefa Idem; il divario fra quelle imprese e quelle medaglie e la penuria di metalli di quest’edizione si fa sentire.
Eppure qualcosa in cui sperare c’è, e sono i piazzamenti ottenuti dai nostri azzurri nelle singole finali disputate. Partiamo dalla canoa velocità: dal 7° posto del 21enne Carlo Tacchini nel C1 1000 metri, ottenuto estromettendo in semifinale avversari ben più grandi e temuti.
Passiamo poi per il 6° posto del K2 1000 formato da Nicola Ripamonti e Giulio Dressino, che ha leggermente migliorato il settimo posto ai Mondiali di Milano.
E chiudiamo con il 6° posto, che sa di leggero rimpianto, per l’ingegnere pavese Manfredi Rizza nel K1 200 metri: con una migliore uscita dai blocchi chissà che non sarebbe stata medaglia. Eppure Rizza con i suoi 25 anni era il più giovane nel campo di regata: un altro segnale incoraggiante per il futuro.
Parentesi al femminile nella canoa slalom, con l’ottavo della 25enne Stephanie Horn nel K1 donne che sogna di ripercorrere in futuro le leggendarie gesta della plurimedagliata Sefi. Infine il 7° posto di Giovanni De Gennaro nel K1 poteva forse essere qualcosa in più – ma in prospettiva fa morale. Nella pagaia bisognerà lavorare tantissimo per far tornare presto l’Italia in auge.