Dalle più cocenti sconfitte nascono memorabili vittorie. Un insegnamento che vale nella vita come nello sport: lo sa bene la nazionale italiana di calcio, che per due volte tocca il punto più basso della sua storia e per due volte riesce a rialzarsi. La stessa nazione, la Corea, tuttora divisa in due Stati per crudi ed illogici disegni politici, ci fa piangere in due occasioni: alla Fatal Corea del Nord del 1966 segue la disfatta sudcoreana del 2002.
2002. È il primo Mondiale disputato in Asia e il primo ospitato da due Stati, il Giappone e la Corea del Sud. L’Italia è inserita nel Gruppo G assieme a Ecuador, Croazia e Messico. In panchina siede il Trap: ha vinto dappertutto con i club, Giovanni Trapattoni, e ora è chiamato a ripetere l’impresa in nazionale, raccogliendo le redini del dimissionario Dino Zoff, vicino al trionfo all’Europeo 2000. Uno squadrone a sua disposizione: Buffon, Maldini, Cannavaro, Inzaghi, Totti, Nesta, Del Piero, Vieri e Montella sono soltanto alcuni dei nomi che compongono la rosa dei 22.
Ma il clima si rivela davvero rovente sin dall’immediato e l’aria che si respira non è delle più serene. Ok il debutto contro i sudamericani grazie alla doppietta di Christian Vieri, ma nel secondo match contro i croati (terzi quattro anni prima in Francia alla prima partecipazione) arriva un inaspettato Ko, sul quale pesa l’assai discutibile arbitraggio dell’inglese Graham Poll che annulla ingiustamente una rete allo stesso bomber azzurro e un’altra a Marco Materazzi. Stesso copione nell’ultima partita del girone: finisce in parità, ma ancora una volta grava sul tabellino un evidente errore del direttore di gara che annulla un gol a Filippo Inzaghi. Gli azzurri avanzano comunque agli ottavi di finale, ma le ombre dei sospetti dilagano: la stampa del Bel Paese si scaglia contro contro la corrotta Fifa e contro il Presidente della Federcalcio Franco Carraro, reo di non saper difendere gli interessi nazionali di fronte a tanta e palese ingiustizia.
È il 18 giugno e si giocano allo stadio di Daeyoun gli ottavi contro i padroni di casa della Corea del Sud guidati da un abile tecnico come Guus Hiddink. Il calcio espresso dagli asiatici è assai meno sprovveduto di quanto si possa pensare e, pur con evidente lacune tecniche, velocità e spirito di squadra rappresentano le loro armi migliori. La mano del ct olandese è ben evidente. Arbitra Byron Moreno, fischietto ecuadoregno che da quel giorno è suo malgrado parte della storia del calcio. Passano appena pochi secondi dal fischio d’inizio e che non sarà affatto una passeggiata ce ne accorgiamo subito: cartellino giallo per Francesco Coco. Appena altri due minuti ed è calcio di rigore per i padroni di casa: Panucci atterra Seol. Dal dischetto va Ahn Yung Hwan, ma Gigi Buffon para.
Vieri sblocca l’incontro dopo un quarto d’ora grazie ad un colpo di testa che gela lo stadio, ma sul taccuino dell’arbitro finisce dopo ulteriori quattro minuti anche Francesco Totti, che si becca un altro giallo. Non le mandano a dire i giocatori coreani, ma con loro l’arbitro si dimostra clemente; diversamente si comporta con i nostri, sempre puniti con sanzioni più o meno discutibili. L’Italia reclama nella ripresa un penalty per fallo su Totti, ma l’arbitro lascia proseguire: le proteste diventano incandescenti minuto dopo minuto, Di Livio e Zanetti puntano il dito contro il direttore di gara, il nervosismo si impadronisce dei nostri e, a tre minuti alla fine, arriva il pareggio di Seol Ki Hyeon. Si va ai supplementari.
Da allora tutto diventa storia, dall’espulsione di Totti per presunta simulazione al gol regolare annullato a Damiano Tommasi. L’Italia perde la testa e con essa l’intero Mondiale: mancano tre minuti ai calci di rigore e Ahn, portato da Luciano Gaucci a Perugia, è l’autore del golden gol che manda ai quarti di finale la sua squadra e spedisce a casa la nazionale azzurra. Una nuova Corea, dunque, 36 anni dopo la prima. Stavolta le cose vanno ben diversamente e l’alibi è evidente: le implicazioni che ci conducono alla sconfitta sono sotto gli occhi di tutti, fermo restando alcuni dati tecnici da imputare alla squadra messa in campo da Trapattoni. Per la cronaca, Byron Moreno viene radiato qualche tempo dopo per essersi venduto per questioni calcistiche ed extra-calcistiche. E chissà quanto intascò nel 2002 per buttarci fuori.
Come si rialza l’Italia da quel massacro? Il Trap rimane sulla panchina azzurra in tempo per mal digerire il biscotto 2004. Nel 2006, invece… il cielo è azzurro sopra Berlino: arriva la quarta stella sul petto! Ma quella è un’altra storia…
L’Italia e la fatal Corea… del Nord: quando la storia azzurra diventa nera [1966]
https://www.youtube.com/watch?v=LESN4zALCeQ