Riccardo Bocalon, bomber dell'Alessandria Calcio

ESCLUSIVA – Riccardo Bocalon, il bomber della porta accanto: Venezia, l’Inter e un amore Grigio chiamato Serie B

Leggi l’intervista esclusiva di Mondiali.net a Riccardo Bocalon, bomber dell’Alessandria prima nel gruppo A di Lega Pro e vicina al grande sogno della B!

Il calcio in provincia: quello della Lega Pro, delle lunghe trasferte su e giù per la Penisola, dei tifosi al seguito a centinaia, pane frittata e pullman verso un grande sogno chiamato Serie B. Ad Alessandria, già dall’anno scorso, si respira un’aria del genere. Un anno fa il grande salto fallì, ma dopo anni di anonimato ci fu comunque la prima consacrazione nazionale dei Grigi, giunti fra mille sorprese alle semifinali di Coppa Italia dopo aver fatto fuori nell’ordine Palermo, Genoa e Spezia (somma rivale dei Mandrogni piemontesi).

A sigillare le vittorie del Ferraris e del Picco ci pensò Riccardo Bocalon, 28 anni compiuti venerdì scorso: un gol al Grifone e due, pesantissimi, nella rimonta contro gli Aquilotti del Golfo che sono valsi l’ingresso nella storia dell’Alessandria allora allenata da Angelo Gregucci.

Da allora di acqua sotto ai ponti (del Tanaro e non solo) ne è passata parecchia, ma intatto è rimasto il feeling del bomber veneziano con il gol: con le ultime marcature Bocalon è giunto a 16 gol in 28 partite. Numeri importanti per un ragazzo predestinato, che in Lega Pro è diventato uomo a suon di gol e con tante maglie diverse.

Bocalon ci ha concesso un’intervista esclusiva nella sua casa di Alessandria, dove vive da due anni cullando il sogno della Serie B, da lui solamente sfiorata in un paio di occasioni. Ce l’ha concessa perché il calcio in provincia è anche questo: incontrare un giocatore per strada, scambiare due chiacchiere in tranquillità e ottenere il suo sì per un’intervista formale. Niente blindature, niente domande in carta da bollo, soprattutto niente spocchia: il sorriso solare con cui “il Boca” ci accoglie a casa sua fa toccare con mano che differenza ci sia fra il calcio della provincia italiana, che ti fa incontrare il bomber della porta accanto, e quello dei piani alti assediato da tv, patinature e piedistalli mediatici. Il Boca invece è tutto qui: occhi che vogliono raccontare, testa dritta verso l’obiettivo e disposizione al sacrificio. Parliamo con lui di questo e altro.

Allora Riccardo, innanzitutto grazie per l’intervista. Partiamo dalle origini, se ti va. Tutto nasce da qualcosa, e per te questo qualcosa ha – se mi consenti – nome e cognome. Parliamo prima del nome: Venezia, la tua terra, la tua provincia, la tua prima maglia. Che ricordi hai dell’esperienza calcistica in Laguna?

Ho iniziato in una squadra dilettantistica del mio paese, anche se la passione per il calcio è nata per strada come succedeva spesso una volta, quando i ragazzini pensavano a giocare a pallone e a divertirsi mentre adesso probabilmente si pensa solo a stare sul telefonino o sui social, una tendenza che purtroppo sta prendendo sempre più spazio. Poi in un campionato sperimentale sulla terraferma gli osservatori del Treviso mi notarono per il mio ottimo campionato e cominciai la trafila verso il calcio professionistico: Allievi Nazionali e Primavera, fino alla grande chiamata con la Primavera dell’Inter. Da lì poi sono passato al Portogruaro, la mia prima vera esperienza nel calcio professionistico, e lì mi sono tolto la prima grande soddisfazione: il mio gol all’89’ col Verona è stato decisivo perché ha consentito a una piccola provinciale costruita per salvarsi di vincere il campionato di C1 e volare per la prima volta in Serie B. A Venezia poi c’ho lasciato il cuore, tornandoci per un anno e mezzo nel 2013 dopo un grave infortunio patito col Sudtirol e vincendo i playoff dopo una rincorsa straordinaria con una doppietta al Monza. L’anno dopo in C1 segnai 17 gol: ricorderò sempre l’affetto della gente, che mi considerava una specie di profeta in patri; per me quella è stata un’emozione indelebile, perché mi sentivo in dovere di rispettare ancor di più la mia terra, senza pesi ma sempre a testa alta.

E poi ovviamente c’è l’altro grande amore, l’Inter. È la squadra per cui tifi, c’hai giocato nelle giovanili. Insomma, dentro hai sangue nerazzurro. Segui ancora le partite e ti chiedi ancora se un domani potrai tornare a indossarla quella maglia lì?

Quei mesi alla Primavera dell’Inter li ricordo ancora oggi con i brividi: sono stati davvero emozionanti perché mi sono trovato a giocare in una società importantissima che mi ha preparato al calcio che conta, quello vero. Lì cominci a conoscere lo spirito di sacrificio che serve nel calcio professionistico. Per quanto riguarda il futuro, mah, mi sento un po’ sognatore e personalmente credo tanto a una frase di Del Piero, che dice più o meno così: «nella mia carriera ho visto tanti sognatori che però quando c’era da sudare hanno smesso di sognare». Per ottenere determinati risultati bisogna lavorare, e sognare aggiunge ingredienti che ti possono far arrivare in alto. È chiaro che il sogno di vestire quella maglia, la maglia del mio cuore, è sicuramente bello e fortissimo. Però ora ne ho un altro e per questo lavoro tutti i giorni: la Serie B con la maglia dell’Alessandria.

E appunto andiamo adesso al Bocalon attuale, con un ultimo salto nell’anno che è passato. Riavvolgiamo il nastro e torniamo al 2016, che è stato l’anno dell’Alessandria, specie ovviamente per la Coppa Italia. Si può dire che è stata la tua migliore annata anche a livello di soddisfazioni? Quanto le imprese di Palermo e soprattutto Genova e La Spezia ti resteranno in testa?

Beh, lo scorso anno è stata sicuramente una stagione particolare: trovare fra la nostra squadra, il Milan, la Juventus e l’Inter il vero intruso nelle semifinali di Coppa Italia era ed è fin troppo facile e proprio per questo ci siamo divertiti. Sicuramente il gol partita di Marassi e la doppietta di Spezia li porterò con me per tutta la vita perché hanno ridato gioie ed emozioni indescrivibili a tutta la piazza e alla società che finalmente sono tornate a calcare palcoscenici importanti grazie a quei risultati. Per il momento sì, quella è la stagione in cui ho vissuto il mio punto più alto nel calcio vero: riuscire ad affrontare e battere squadre di Serie A e poi ritrovarsi contro il Milan ti dà quasi i giramenti di testa; poi purtroppo ci siamo svegliati e siamo tornati coi piedi per terra. Siamo pronti però a rivivere quelle emozioni magari l’anno prossimo in un campionato più importante…

Ripensandoci ancora a questo punto ti chiedo: quell’Alessandria poteva davvero arrivare fino in fondo alla Coppa Italia o è stato fatto il massimo?

No, non possiamo avere grandi rimpianti. Magari all’andata poteva finire con un risultato diverso per noi, ma sapevamo tutte le difficoltà. La cosa che ci rende orgogliosi è che abbiamo dato il tutto per tutto, giocando forte e a viso aperto e creando anche 3-4 occasioni nitide; abbiamo dato quello che dovevamo dare e siamo contenti così. Il nostro rammarico più grande semmai è quello di essere usciti troppo presto dai playoff per la promozione in Serie B con il Foggia. Penso però che ogni cosa verrà a suo tempo; il 2016 intanto è un anno che è servito alla società e alla città per scrivere una pagina indelebile nella propria storia e siamo orgogliosi di aver messo la fine su questo risultato.

Ora sei concentrato su questa stagione, con un prestigioso obiettivo di squadra. Già ne hai accennato un po’ di volte, ma in società siete sicuramente super concentrati sulla possibilità del Grande Salto. Che aria tira nello spogliatoio?

Sicuramente è un gruppo sano, dove anche gli ultimi arrivati si sono ben aggregati. Noi non ci nascondiamo: il nostro obiettivo è vincere il campionato e ottenere la promozione diretta. Sappiamo che è una cosa difficile, ma comunque anche i rinforzi arrivati a gennaio ci aiuteranno negli importanti scontri che ci aspettano da qui alla fine della stagione. I successi aiutano, questo è innegabile, ma sappiamo che è dura perché ci sono squadre come Cremonese, Livorno e Arezzo che sono molto attrezzate e che lotteranno con noi fino alla fine; lo dimostra il fatto che non hanno mai mollato quando noi abbiamo fatto il filotto a inizio anno. Quindi è dura, sarà dura ma ce la metteremo tutta per regalare a questa città la gioia che merita.

Qual è l’allenatore, se c’è un allenatore, a cui tieni in modo particolare? Quello con cui ti senti più in debito per le cose che ti ha insegnato, o che magari ti ha segnato a livello umano?

Uno in generale non ce n’è, anche per via delle tante squadre che ho cambiato in questi anni; ma mi piace ricordare sicuramente il mister della mia formazione giovanile Stefano Trevisanello (mio allenatore ai tempi del Favaro) che mi spostò dal ruolo di attaccante esterno a quello di punta centrale e poi Giovanni Bosi, attuale allenatore del Palermo Primavera, per il legame a livello umano che abbiamo consolidato in questi anni, oltre a Ciccio Esposito che ho avuto alle giovanili dell’Inter e che ho rincontrato a Prato. Poi tra le tante esperienze che ho fatto di allenatori ne ho conosciuti tanti: da Calori a Sottili, da Gregucci a Braglia, tutti mister da cui c’è da imparare tantissimo dal punto di vista tecnico-tattico.

Da tre stagioni ormai sfondi la doppia cifra: l’hai fatto con il “tuo” Venezia, poi col Prato e con l’Alessandria lo scorso anno. Quest’anno sei vicino a migliorare il tuo score in grigio: fin dove vuoi spingerti?

A oggi mancano pochi gol a quel traguardo; spero di arrivare ai fatidici 20 segnando gol che servano alla nostra causa. Se dovessi arrivare a quota 20 non potrei che essere contento, anche perché per caratteristiche segno grazie al lavoro di squadra e ho la fortuna di giocare con alcuni calciatori che sono il top della categoria e che sono pronti già per la categoria superiore; perciò segnare grazie alle loro giocate mi risulta molto più facile e spero di farmi trovare sempre pronto nelle occasioni che conteranno.

A chi si ispira il Bocalon centravanti? Qual è il tuo giocatore-esempio quando ti alleni e giochi?

Pippo Inzaghi, senza ombra di dubbio. Certo, ha giocato con una maglia opposta a quella che ho sempre tifato io (sorride bonariamente), ma sicuramente SuperPippo è da sempre stato il mio idolo: come lui viveva il gol e anche il momento prima del gol penso che sia l’emblema dell’attaccante d’area di rigore, un esempio unico da vedere e rivedere.

Un giocatore invece che ammiri o che ti ha impressionato tanto come modello?

Mah, ho avuto la fortuna di fare due-tre allenamenti con l’Inter in prima squadra e devo dire che mi ha impressionato su tutti Walter Samuel. Ricordo che nella partita d’allenamento mi marcava stretto con una cattiveria e una concentrazione degne di una finale di Champions League; non ti lasciava respirare un attimo, faceva sentire in ogni istante la sua presenza, indifferentemente da chi aveva davanti e senza fare distinzioni fra noi giovani e i suoi colleghi della prima squadra. Poi, ovviamente, da interista non posso non citare l’immenso capitan Zanetti: uno dei migliori difensori passati in nerazzurro, l’emblema, il cuore pulsante dell’Inter, un esempio assoluto di professionalità.

Andando al calcio di questi ultimi mesi, ti faccio una domanda a livello di preferenze: Cristiano Ronaldo o Messi? Così, su due piedi.

Beh, sono due giocatori totalmente diversi. Messi è frutto della fantasia, un puro dono di natura che mette in campo ogni volta in modo incredibile. Ronaldo invece è sinonimo di potenza e tanto, tanto lavoro a livello aerobico, fisico e mentale; se gareggiasse in altri sport arriverebbe primo in tutte le categorie dell’atletica leggera.

Allora continuando: Maradona o Pelé?

Sai, chiaramente non li ho mai visti giocare dal vivo, ma a sentire la testimonianza della gente, di coloro che li hanno visti giocare dal vivo o hanno avuto la fortuna di incontrarli ti dicono Maradona tutti quanti. A livello personale non li conosco, anche se ultimamente sta calcando la mano con certe esternazioni mediatiche tipiche un po’ del suo personaggio.

Continuiamo con il gioco, stavolta però col Bocalon fuori dal campo: mare o montagna?

Mah, io da piccolo andavo spesso in montagna a trovare i miei nonni e spesso andavo nei boschi con loro, facendo a volte la preparazione atletica per la stagione successiva. Però devo dire che il mare è il mio punto forte; sai, nascendo e vivendo in Laguna, si ha un rapporto sempre particolare con l’acqua e io sono cresciuto a contatto col mare, quindi sicuramente lo preferisco anche nei momenti di vacanza.

E fra cani e gatti?

Anche qui non posso aver dubbi e dico cani. Abbiamo un volpino nano femmina di 7 anni che io e mia moglie abbiamo preso il primo anno che siamo andati a convivere; è come se fosse una figlia per noi, ci accompagna praticamente ovunque ed è l’ombra di mia moglie. Sono innamorato dei cani: a volte anzi penso che i cani siano delle persone, forse anche meglio delle persone: capiscono meglio di tante persone e hanno un affetto incredibile che è bellissimo toccare con mano.

Riccardo Bocalon nel tempo libero: tre aggettivi che ti definiscono.

Testardo, sicuramente. Disordinato, anche se vivendo tanti ritiri ho visto che tanti miei colleghi sono anche peggio di me (quindi mia moglie può esser contenta, ride, ndr). Però dai, direi la testardaggine sia in negativo che in positivo. Certo, senza essere permalosi; però essere testardi magari può servire in certi momenti di difficoltà e aiutarti a fare degli scatti in avanti.

Chiudiamo infine con qualche buon proposito per l’anno iniziato da poco: oltre ai Grigi, a cosa pensi?

No, davvero: penso solo ai Grigi. È un obiettivo troppo importante anche a livello personale perché la Serie B l’ho solo sfiorata, sia a Portogruaro che a Treviso e sempre per pochi mesi; di cadetteria ne ho masticata poca e ora voglio proprio addentarla, viverla davvero come protagonista. E poi è il sogno di una città intera e di un presidente Luca Di Masi che con tutti gli sforzi di questi anni sta riportando l’Alessandria al posto che le compete. Ci sono tutti gli ingredienti per andare in Serie B e farla bene.

Allora in bocca al lupo e buona fortuna, Boca. E ancora grazie!

Ma figurati, è stato un piacere. Crepi il lupo e forza l’Orso…Grigio!

 

 

 

© Alessandro Liburdi, riproduzione riservata

 

 

 

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