Non chiamatelo outsider. Tale era il suo connazionale Steven Kruijswijk, che dodici mesi fa andò sorprendentemente vicino al colpaccio, salvo poi cedere di schianto a due giorni dalla conclusione. Tom Dumoulin, invece, si è presentato al via del Giro d’Italia 2017, il Giro 100, con le idee chiare fin dal principio: arrivare il più in alto possibile e cancellare quello scotto subito proprio da un italiano, Fabio Aru, alla Vuelta a Espana 2015.
In quell’occasione, due anni orsono, capì di essere in grado di giocarsi un Grand Tour, lui che erano nato cronoman e non aveva mai pensato di poter ambire ad un tale traguardo dopo tre settimane. Trascurata la passata stagione per concentrarsi sulla crono olimpica (salvo una caduta al Tour de France che pose fine al suo sogno), ecco la meticolosa preparazione per il Giro del centenario, in cui era a tutti gli effetti nel novero dei favoriti.
Quando Rcs Sport presentò i percorsi lo scorso ottobre era chiaro che quei settanta chilometri contro il tempo allettassero il ventiseienne passista del Team Sunweb. Ed è su quella distanza che ha costruito quel vantaggio rivelatosi poi decisivo: a Montefalco, nella Sagrantino Stage, ha rifilato minuti agli avversari diretti, mentre nella Monza-Milano, pur avvertendo la stanchezza di tre faticosissime settimane, è riuscito a recuperare quei secondi persi in montagna.
Così la Farfalla di Maastricht è volata davvero in alto e si è insediata, a soli 26 anni, sul primo gradino del podio, vestendosi di rosa a Milano e alzando in trionfo quel Trofeo Senza Fine che mai era virato verso i Paesi Bassi prima d’ora.
Un nuovo Indurain, si potrebbe dire: fortissimo a crono, discreto in salita. L’ha dimostrato in tutte le frazioni all’insù: sul Blockhaus ha limitato i danni nei confronti di un Nairo Quintana che sembrava potesse dominare ogni arrivo in quota, salvo poi calare giorno dopo giorno nelle tappe cruciali, mentre ad Oropa ha zittito tutti tagliando per primo il traguardo sulla Montagna Pantani.
Soltanto degli imprevisti intestinali verso Bormio e una squadra che definire sgangherata è un complimento (si salvi solo il buon Laurens Ten Dam, sempre al suo fianco) l’hanno costretto a rivedere i suoi piani, ma la grande tenuta a Piancavallo ed Asiago, unita alla mancanza di forze dei suoi rivali, mai capaci di infliggere il colpo del Ko nei momenti decisivi, gli hanno permesso di concludere in trionfo.
Tom Dumoulin è il primo olandese ad aggiudicarsi il Giro d’Italia e il suo è il 13° Paese ad andare a segno nel primo Grand Tour dell’anno. È la terza volta nella storia che la crono finale sancisce il sorpasso in classifica nei confronti del primo: era già accaduto nel 1984 (Moser su Fignon) e nel 2012 (Hesjedal su Rodriguez). Il vincitore 2017 porta a casa il secondo Giro più serrato nella storia: solo nel 1974 i tre protagonisti che salirono sul podio (Merckx, Baronchelli e Gimondi) furono separati da un minor tempo (33 secondi contro i 40 attuali).
“Incredibile. Sono veramente felice”, sono le prime parole del vincitore, che assicura di non volersi paragonare a nessun modello del passato (da Miguel Indurain al più recente Bradley Wiggins), ma rivela di essersi sempre sentito un buono scalatore, pur non essendosi mai cimentato su salite lunghe, assenti nella sua Maastricht. “È incredibile quando vedi tutti i nomi del Trofeo senza Fine. È un onore far parte di questa lunga lista di campioni“.