Tom Dumoulin trionfa al Giro 100. L’olandese si veste di Rosa a Milano nella più prestigiosa edizione beffando il grande favorito della vigilia Nairo Quintana e il campione uscente Vincenzo Nibali.
Il Condor esce ridimensionato dalla Corsa Rosa. Aveva fortemente desiderato essere alla partenza da Alghero con l’esplicito intento di provare la storica accoppiata Giro-Tour. Le strade hanno ancora una volta respinto un tentativo troppo ambizioso per il ciclismo attuale e mai riuscito da vent’anni a questa parte. Forte del trionfo in pompa magna all’ultima Vuelta, il colombiano della Movistar credeva di poter fare gioco facile dominando in salita e resistendo a crono.
Così non è stato: brillante sul Blockhaus, ha perso via via d’incisività nelle tappe decisive, non riuscendo poi ad infliggere quel colpo del Ko che invece gli ha inferto Dumoulin nella cronometro finale. Aveva la migliore squadra al suo fianco, lui non è stato il miglior leader. Colpa di una preparazione finalizzata a garantire la massima competitività nei due Grand Tour consecutivi? Forse, ma certo è che il secondo posto rimediato alla fine sa di bruciante sconfitta. Il diretto interessato dà la colpa ai troppi chilometri contro il tempo: vero, ma non ne era al corrente quando ha accettato di prendervi parte? Ora attendiamo di vederlo in Francia: magari si riscatterà come fece alla Vuelta lo scorso anno dopo un Tour concluso al secondo posto senza aver particolarmente impressionato.
Quale valore ha il terzo posto di Vincenzo Nibali? Anche lo Squalo era partito per vincere, inutile girarci su. Ma come potrebbe essere giudicato, se non positivamente, il nono podio in un Grand Tour, esattamente come un certo Fausto Coppi? E resta una perla di assoluto prestigio: l’essersi imposto nella tappa regina di Bormio dopo aver scalato Mortirolo e doppio Stelvio e l’aver cancellato quell’umiliante zero dalla casella delle vittorie per il movimento italiano.
Se invece consideriamo che il siciliano della Bahrain-Merida ha puntato l’intera stagione su quest’appuntamento, il risultato non è lusinghiero, dal momento che mai Enzo ha dato l’impressione di poter innestare una marcia in più rispetto ai suoi avversari. Sul Blockhaus, per sua stessa ammissione, ha buttato via una trentina di secondi forse determinanti, a Piancavallo ed Asiago è rimasto con i migliori, ma senza dare mai la sensazione di essere lui il migliore. La regolarità è stata ed è il suo forte, ma non è bastata. E a 32 anni, con la generazione terribile che sta uscendo fuori, ogni occasione potrebbe essere l’ultima.