Il morale di un Paese intero è sotto ai tacchi, e ci resterà per un bel po’: giusto il tempo (?) di smaltire una delusione Mondiale che l’intera Italia sperava di non dover vivere.
Pensare che la prossima estate l’Italia non sarà ai Mondiali è davvero cosa da non raccapezzarcisi; eppure bisognerà farci il callo, a quest’amarezza; cercare di sopravvivere all’ennesima vagonata che la storia ha recapitato addosso al disastrato calcio italiano.
LA STORIA CHE SI RIPETE: UNA NUOVA ONTA DA LAVARE. Era dal ’58 che la Nazionale non steccava l’appuntamento con l’evento calcistico più importante del globo. Ma era, appunto, il ’58: quella era una Nazionale non ancora del tutto ripresasi dall’incredibile tragedia di Superga, che aveva affossato per sempre la forza e il talento del Grande Torino che di quell’Italia costituiva l’ossatura primigenia.
Da oggi però, all’Irlanda del Nord del 1957, alla Corea del Nord del “tregendario” Pak Doo-Ik del 1966, alla Nuova Zelanda del 2010 e alla Costa Rica del 2014, si è aggiunta una nuova onta da lavare: Svezia 2017. A futura memoria. Il baratro che si è aperto sotto ai piedi degli azzurri ha però radici più o meno lontane, più o meno remote.
VENTURA, L’UOMO DEBOLE AL COMANDO DI UN TEAM SFILACCIATO. Il primo fattore ha un nome e un cognome. Sarà perché, in casi del genere, a farne le spese è sempre colui che siede in panchina, colui che diventa la vittima sacrificale, l’agnello che dovrebbe togliere i peccati del calcio. Sia chiaro che questo non vuole essere un processo, ma è altrettanto chiaro che Gian Piero Ventura è fra gli artefici principali della catastrofe azzurra.
L’uomo venuto dalla provincia non ha mai convinto del tutto tifosi e addetti ai lavori, con la squadra che ha dimostrato di non seguirlo (o volerlo seguire?) quando ha tentato di importare l’ultraoffensivo 4-2-4 in un ambiente, quello azzurro, che aveva invece ormai fatto del 3-5-2 di contiana memoria il suo abito culo e camicia.
La gestione insufficiente del post-Madrid ha fatto ulteriormente vacillare la posizione del tecnico ligure, che da allora a discapito delle sue dichiarazioni è apparso molto meno risoluto e certo nei suoi mezzi e in quelli dei suoi calciatori. Provare per credere la querelle con De Rossi stasera in panchina: quando a DDR è stato detto di scaldarsi per entrare, il romanista ha scosso la testa e non gradito, sostenendo poi che avrebbe preferito che entrasse il più offensivo Insigne. Scambi di vedute o difetti di comunicazione che il resto della Nazionale ha percepito e che chissà quante altre volte sono capitati dietro le quinte. Ventura ora paga com’è giusto che paghi: come uomo la cui prossemica, in queste settimane, non ha mai tradito. Umanamente, sia chiaro, dispiace, ma purtroppo è questo il gioco delle parti.