Buffon, addio alla Nazionale. Italia-Svezia, theguardian

Nazionale senza Mondiale: un fallimento cosmico che costerà caro/2

Il morale di un Paese intero è sotto ai tacchi, e ci resterà per un bel po’: giusto il tempo (?) di smaltire una delusione Mondiale che l’intera Italia sperava di non dover vivere/2.

NON C’È DUE (MONDIALI) SENZA TRE. Il fallimento della Nazionale viene però da più lontano: dal magico trionfo di Germania 2006 infatti l’Italia ha collezionato solo figure meschine (per non dire di peggio).

Le porte in faccia prese a Sudafrica 2010 e Brasile 2014 ce le ricordiamo ancora tutti. Nel mezzo ci sono stati solo i due Europei, con l’epilogo amaro nella finale del 2012 e quello ‘eroico’ con Conte in panchina l’anno scorso. Ma a far preoccupare dovevano essere i fallimenti Mondiali.

Da allora però poco è stato fatto: l’ultimo commissario tecnico prima di Ventura, Antonio Conte, è stato avversato e ostracizzato per il suo progetto di stages – messi in calendario dallo stesso ex allenatore del Torino. Perché alla fine il potere nel calcio ce l’hanno loro, i grandi club: l’ostruzione compiuta dalle grandi società nei confronti delle nazionali, Italia compresa, è sempre sotto agli occhi di tutti.

MANCANZA DI CULTURA NAZIONALE E PROGETTAZIONE. Questo è un altro neo spropositato che spiega la diagnosi del paziente ferito chiamato Nazionale Italiana: ci si ricorda degli azzurri soltanto ogni due/quattro anni, in occasione di un grande evento, ma poi nel mezzo non si permette agli addetti ai lavori di lavorare con cura e oculatezza a Coverciano, facendo di tutto per non inviare i giocatori o richiamarli all’ovile a suon di certificati medici e competenze sanitarie a spese del club.

Non solo: se poi i giovani talenti che pure in azzurro ci sono sono tenuti in panchina dai loro club (vedi Romagnoli, Rugani, Bernardeschi, El Shaarawy), come si potrà consentire loro di farsi le ossa in vista del grande salto in Nazionale?

IL PARTITO DELLE PROSSIME SETTIMANE: RIVOLUZIONE AZZURRA. Di certo i senatori sono pronti a dire addio: l’ha già fatto il capitano di mille battaglie, Gigi Buffon, dicendo in lacrime “ho finito”; sono pronti a farlo Barzagli, Chiellini e De Rossi. Bisognerà trovare i loro degni sostituti e quindi la rivoluzione in questo senso sarà necessaria e inevitabile.

Ma nelle prossime ore, nei prossimi giorni e nelle prossime settimane, come un mantra ripetuto allo sfinimento che ci porteremo financo sotto l’albero di Natale, sentiremo ripetere le paroline magiche: Rivoluzione, Rifondazione, Tabula Rasa et similia. Tutti lì a sciorinare ricette sul cambiamento da apportare al gioco più amato dagli italiani.

Sappiamo però come sono pronte a finire queste chiacchiere da bar, se non si fanno seguire dai fatti. Specie in Federazione: lì dove si dovranno fare i conti con la fallimentare amministrazione Tavecchio.

Di certo la FIGC, i club e i loro organigrammi avranno tempo oltre un’estate per pensarci: tanto (intanto) l’anno prossimo il Mondiale lo giocheranno altri; per noi birra ghiacciata, paletta e secchiello e sguardo all’orizzonte a sognare un futuro migliore per il nostro calcio.

 

 

 

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