Ennesima stangata per il movimento sportivo russo: la federazione dell’est Europa, già costretta a saltare, nel solo ambito dell’atletica leggera, i Giochi di Rio 2016, dovrà rinunciare a partecipare in toto anche alle Olimpiadi Invernali 2018 che si terranno a PyeongChang, in Corea del Sud.
Lo ha deciso, nel corso di una riunione svoltasi a Losanna, il Comitato Olimpico Internazionale, che parla apertamente di doping di stato (“manipolazione sistematica delle regole“) e vieta alla Russia di prendere parte all’evento sportivo più importante al mondo: niente atleti (eccetto chi avrà il via libera per partecipare sotto l’egida di Indipendenti), niente inno russo, niente bandiera nazionale neppure alla cerimonia inaugurale del 9 febbraio. In più, viene radiato a vita l’ex ministro dello sport russo Vitalij Mutko, attualmente vicepremier, e lo Stato sarà costretto a pagare un’ammenda di quindici milioni di dollari.
Tutto è nato ormai due anni fa, quando analizzando provette di atleti da un decennio a questa parte è emersa una gran quantità di casi di doping relativi ad atleti russi, tutti riconducibili ad una diffusa pratica statale volta ad affermare la supremazia (con l’inganno) sugli avversari . Secondo l’Agenzia Mondiale Antidoping, la Wada, più di mille atleti, di vario livello e di diverse discipline, sarebbero stati coinvolti in questo sistema, e numerose sono state le medaglie sottratte ai russi dalle Olimpiadi di Pechino 2008 in avanti. Per giunta, ad aggravare il tutto, si era provveduto a nascondere i farmaci proibiti infangando le prove.
L’ultima edizione dei Giochi Olimpici Invernali si disputò proprio nel vasto paese eurasiatico, nella città di Sochi: la Russia vinse in un primo momento il medagliere, ma in seguito scalò fino alla quarta posizione del ranking a causa della positività di ben undici atleti medagliati. Nel corso di Pyeongchang 2018 avverrà una cerimonia speciale di riconsegna di quegli allori.
Quella odierna è una decisione volta a far fronte a quello che il Presidente del Cio Thomas Bach ha definito “un attacco senza precedenti all’integrità dei Giochi Olimpici e dello Sport“.