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Froome, Giro e Tripla Corona: storia o leggenda?

Il 27 maggio 2018 è una data destinata a restare indelebile nella storia del ciclismo: con la vittoria al Giro d’Italia 2018, Chris Froome conquista, contemporaneamente, la sua prima Maglia Rosa e la tanto agognata Tripla Corona. Ma sarà storia o leggenda?

I numeri sono inconfutabili: Chris Froome è il più forte corridore di Grand Tours del terzo millennio. Lo certificano i quattro Tour de France, la Vuelta a Espana e, ora, il Giro d’Italia, ciliegina sulla torta di una carriera semplicemente eccezionale. A ciò va aggiunto come il britannico del Team Sky sia il settimo della storia ad aver centrato almeno una volta ciascuna delle tre prove ed affianchi i soli Eddy Mercks e Bernard Hinault nello speciale record di chi è capace di detenere in simultanea le tre corse del calendario internazionale.

E al Giro 101 abbiamo scoperto un Froomy assai diverso dal solito: calcolatore, tattico fino ai massimi livelli certamente sì, ma quanto coraggio, quanta spavalderia finora assolutamente ignote! Dopo lo strapotere sullo Zoncolan, già di per sé unico, è arrivato quel capolavoro di forza e pianificazione che dal Colle delle Finestre l’ha portato trionfante fino alla cima dello Jafferau, a Bardonecchia. Nel ciclismo moderno è assai raro coronare una fuga solitaria di 80 km, in grado di ribaltare le sorti della classifica generale, per di più al terzultimo dei ventuno giorni di gara. Egli ci è riuscito ed è forse riuscito a farsi amare anche da chi, fino ad ora, è parso molto diffidente nel suo modo di affrontare le prove.

È per questo che diciamo che Froome è ormai di diritto nella storia del ciclismo. Ci auguriamo vivamente che ci rimanga e speriamo che ciò a cui abbiamo assistito non si trasformi in leggenda, in mito, in finzione. È chiaro a cosa ci stiamo riferendo e non possiamo non tenerne conto: il Keniano Bianco ha corso il Giro sub judice, avendo a suo carico un processo per eccesso di salbutamolo risalente all’ultima Vuelta. Un processo per il quale la sua squadra non ha esitato a spendere fino a sette milioni di euro in avvocati, pur di dimostrare l’innocenza del proprio assistito. Un processo che vale la credibilità del ciclismo intero, già uscito fortemente minato da celebri casi del passato.

Il direttore della Corsa Rosa Mauro Vegni ha assicurato come la sua vittoria a Roma non sia in alcun modo in discussione, ma è stato prontamente smentito dal Presidente dell’Uci David Lappartient, che ha precisato come niente possa essere escluso. Potremmo trovarci, nel giro di qualche settimane, ad avere un Froome con sei Grandi Giri in tasca (quelli effettivamente conquistati), forse con cinque o forse perfino con quattro, qualora si decidesse di sottrargli la gara spagnola e quella italiana.

Ci auguriamo soltanto di non aver assistito ad un film già scritto, ad una pagina di leggenda pur appassionante, pur emozionante, ma già letta e per giunta finta.

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