Se ne va un altro Mondiale senza medaglie, in casa Italia. Dalla fantastica doppietta di Varese 2008 con Alessandro Ballan primo e Damiano Cunego secondo, nessun azzurro è riuscito a salire sul podio della prova in linea élite alle rassegne iridate. Torniamo a casa a mani vuote anche da Innsbruck 2018, pur consapevoli che apparteneva ad altri il favore del pronostico e che il cammino di avvicinamento dei nostri non è stato di certo dei più agevoli.
Quando, esattamente un anno fa, fu svelato il circuito di Innsbruck 2018, un nome saltò alla mente di tutti: Alejandro Valverde. Come il vino, più invecchia e più migliora, lo scalatore spagnolo, e così, dopo aver fatto incetta negli ultimi anni di Classiche di prestigio (su tutte, quattro Liegi – Bastogne – Liegi) doveva essere il suo Mondiale, questo. Nei precedenti ci era sempre andato maledettamente vicino, ma aveva sempre fallito l’obiettivo, quasi da doverci rinunciare al pensiero.
Invece, a 38 anni suonati, ecco la ciliegina sulla torta di una carriera sensazionale, alla quale mancava appunto quella maglia iridata per renderla davvero appagante. Era il favorito o perlomeno uno dei selezionati e ha mantenuto le attese, l’Imbatido. Chi, invece, non ha potuto esser della partita, è stato il nostro capitano designato, Vincenzo Nibali, un altro che quest’appuntamento l’aveva cerchiato di rosso. L’estro e il talento proprio non mancano allo Squalo, ma quando a due mesi dal Mondiale ci si frattura una vertebra toracica si capisce che le possibilità di giocarsi l’oro tanto atteso si riducono al lumicino.
Ha fatto i miracoli per essere qui, il messinese, ma proprio sul più bello ha dovuto alzare bandiera bianca di fronte ad una tattica di squadra apparsa un po’ azzardata: consapevoli delle proprie condizioni, perché mettersi in testa compatti all’ultimo giro e poi crollare quando invece è il momento di uscire? Bene per tre quarti di gara, gli uomini di Cassani, solo benino nel finale, in cui chilometraggio e dislivello si sono fatti sentire.
Si è salvato un ventiquattrenne dal futuro assicurato, Gianni Moscon, che su queste strade è di casa perché qui abita e si allena. Ma la sorte non è stata benevola neppure con lui, dal momento che – a torto o a ragione – è stato fermo ai box per due mesi proprio nel momento decisivo della stagione. È tornato alla grandissima, l’atleta trentino, vincendo Coppa Agostoni e Giro della Toscana, ma anche lui, dopo sei ore di gara, ha dovuto cedere a chi poteva contare su un avvicinamento sicuramente più sereno.
E così il quinto posto è quello che si ottiene. Può consolare il fatto che nazionali più blasonate della nostra (Gran Bretagna e Colombia su tutte) fanno una figura assai più magra, ma sapersi accontentare non è mai il massimo. Il futuro, ad ogni modo, per una volta appare meno oscuro che in passato.