Dopo una entusiasmante maratona durata cinque ore ed un interminabile quinto set deciso al tie break, Novak Djokovic si laurea per la quinta volta in carriera re di Wimbledon: si conclude con il successo del serbo l’edizione 2019 dei Championships, al termine di una finale in cui un immenso Roger Federer lotta, comanda per lunghi tratti, ma paga errori decisivi e deve dire addio alla nona sinfonia.
Sarebbe sufficiente leggere lo score finale per comprendere la portata di una partita epica: 76 16 76 46 13 12. E sarebbe sufficiente ricordare che, per la prima volta, Wimbledon viene assegnato con la nuova regola del tie break al quinto sul dodici pari.
Ma i freddi numeri non riescono a trasmettere le emozioni che ogni appassionato ha provato ammirando due fenomeni far prodigi a Church Road, due talenti fuori tempo che bisognerebbe clonarli e vederli ancora in campo tra molti anni.
Trentadue anni uno, trentotto l’altro, eppure nulla da invidiare ai più pimpanti diciottenni che da una parte all’altra del campo corrono, spingono e danno spettacolo senza apparente fatica. Ha vinto il più resistente, il più freddo, il più indomito ma verrebbe da dire che hanno vinto entrambi i protagonisti, che ci hanno regalato senza ombra di dubbio la finale più bella dell’ultimo decennio.
Dopo i titoli 2011, 2014, 2015 e 2018, Novak Djokovic aggiunge al suo palmares la quinta affermazione del Major su erba (eguagliato un altro mostro sacro come Borg), che equivale al suo sedicesimo Slam in carriera.
Ci ha provato lo svizzero, d’altro canto, ad imporsi qui per la nona volta, ma pur avendo realizzato quattordici punti in più dell’avversario, ha pagato alcuni errori decisivi commessi in momenti topici dell’incontro, compresi i due match point sciupati al quinto prima ancora di finire ai vantaggi.
E dopo lo spettacolo in campo, anche quello al momento della premiazione, coi due protagonisti che, pur esausti, trovano la forza di scherzare. Una finale da ricordare? “Spero di dimenticarla preso”, afferma Federer, che invita tutti a credere nelle proprie capacità come riesce a far lui a 37 anni. “Roger è un esempio per tutti, anche per me”, replica Djokovic, che indica la finale come “una delle migliori” mai disputate.