Trentaquattro anni. Tanto tempo è passato dall’ultima maglia gialla conquistata da un corridore francese davanti ai propri tifosi. Era il 1985 e a salire sul gradino più alto del podio a Parigi era stato l’ultimo dei grandi, Bernard Hinault.
Sembrava potesse essere l’anno buono, stavolta, con gli organizzatori di Aso che avevano allestito un Tour de France con un percorso mai così adatto agli atleti transalpini: una sola cronometro individuale, tappe d’alta montagna solitamente molto brevi e frazioni miste in cui potersi esaltare.
Sembrava potesse essere l’anno buono specie i forfait di Chris Froome e Tom Dumoulin e dopo aver visto all’opera Thibaut Pinot e Julian Alaphilippe. Ma il destino ha voluto ancora una volta che le cose andassero diversamente. Al Giro 2018 una crisi costringe in ospedale il primo per disidratazione alla vigilia dell’ultima tappa, al Tour 2019 lo stesso abbandona in lacrime dopo una lacerazione muscolare rimediata sulle Alpi, quando è in piena corsa per il podio dopo le belle performance sui Pirenei.
L’ottimo Alaphilippe fa sognare per due settimane i tifosi locali. Nessuno si aspetta un piazzamento di vertice da parte del fenomeno delle Classiche, eppure, dopo la crono di Pau e la resistenza mostrata sul Tourmalet, le sue quotazioni sono in notevole rialzo. Ma deve fare i conti con le lunghe montagne tipiche dei Grandi Giri e così non solo perde la maglia gialla ma, cosa logica, anche il podio.
La Francia si trova ancora con un pugno di mosche in mano e, con due atleti in lotta per il podio, finisce per l’ennesima volta a mani vuote. Alla fine è Romain Bardet l’unico a salire sul podio di Parigi: è il vincitore della maglia a pois (pur essendo transitato per primo su un solo GPM), ma non è che un contentino, per uno che era partito da Bruxelles con ben altre ambizioni.
E, con un Egan Bernal che è già una certezza e un certo Remco Evenepoel che cresce evidentemente bene, non sarà facile nei prossimi anni sbaragliare il campo.