Tokyo 2020 rimarrà per sempre nella storia dello sport italiano. Non soltanto per il record di medaglie superato – per come si erano messe le cose dopo i primi giorni di gara, nessuno osava crederci – quanto soprattutto per le imprese dell’atletica leggera che, dopo anni di letargo profondo e apparentemente ingiustificato, si è risvegliata scoprendosi in cima al mondo.
Cinque medaglie d’oro dallo sport olimpico per eccellenza tutte pesantissime: salto in alto, 100 metri, 20 km di marcia maschile e femminile e, dulcis in fundo, 4×100 metri. Un’apoteosi non ipotizzabile alla vigilia e neppure immaginabile nel più bello dei sogni.
Non ci sono Stati Uniti che tengano, non c’è Giamaica di mezzo, è l’Italia la grande protagonista delle specialità simbolo dei Giochi. Per circa quindici anni ci si proclamava soddisfatti se si tornava con in tasca un bronzo che sembrava oro colato; ora gli ori, quelli veri, arrivano come se piovesse. Ed è meraviglioso!
Abbiamo l’uomo che ha saltato più in alto in quest’edizione, Gianmarco Tamberi, che aveva un conto in sospeso col destino e si è preso quello che a Rio – prima di Rio – gli era stato ingiustamente sottratto.
Abbiamo i due atleti che fanno della resistenza la loro arma, i marciatori Massimo Stano e Antonella Palmisano, ai quali giapponesi e cinesi si sono inchinati e per i quali le fatiche di anni di allenamenti sono state ripagate con il risultato massimo.
Abbiamo soprattutto gli uomini più veloci del mondo. Non solo Marcell Jacobs, il siluro dei 100 metri che ha riscritto la storia della velocità italiana e continentale, talmente fenomenale da inimicarsi in un colpo solo tanta stampa estera da strapazzo. Ma un’intera squadra capace di spazzare via ogni avversaria, fino ad avere la meglio di un centesimo della Gran Bretagna (quanto ce l’avranno, stavolta, i sudditi di Sua Maestà con noi?) nella staffetta veloce.
Lorenzo Patta attento in partenza, Marcell Jacobs pronto a sferrare l’affondo in seconda frazione come se fosse la cosa più banale al mondo, Eseosa ‘Fausto’ Desalu in grado di pennellare una magnifica curva e un rinato Filippo Tortu protagonista di un fantastico rush finale, al termine del quale, incredulo dell’epilogo, ma conscio di averla fatta grossa, comincia a piangere di gioia.
Il record italiano – 37.50, quinta prestazione all time – stavolta conta meno del risultato complessivo. Conta assai di più la rinascita dell’atletica azzurra – di cui fanno parte tanti altri nomi come Battocletti, Crippa, Fabbri, Sibilio, Osakue, Dallavalle, solo per citarne alcuni – che non vuole fermarsi e cullarsi sugli allori, vuol trovare continuità e certezze e lavorare alacremente, anche lontana dai riflettori che presto si spegneranno per lasciare spazio al solito mondo calciocentrico.
Nonostante c’è chi, dall’alto delle istituzioni sportive (e non solo), già prova a salire sul carro dei vincitori, le luminosissime notti magiche di questo pazzo 2021 hanno come unici artefici loro, i nostri meravigliosi atleti con i rispettivi staff tecnici. E nel firmamento di queste notti magiche, emerge nitida la bandiera italiana.